Mark Twain
Grande Autore
Mark Twain, il cui nome di nascita è Samuel Langhorne Clemens, fu uno dei più celebri scrittori, umoristi e critici sociali d'America. Le sue opere, che comprendono classici come Le avventure di Tom Sawyer e Le avventure di Huckleberry Finn, catturarono l'essenza della vita america del XIX secolo. La vita di Twain abbracciò un periodo di rapidi cambiamenti negli Stati Uniti, dall’espansione verso ovest e la Guerra Civile fino all’industrializzazione e all’imperialismo americano. Come molti artisti del suo tempo, egli conobbe trionfi e tragedie personali, alti e bassi finanziari, e lasciò un’impronta indelebile nella letteratura, tanto che lo stesso Ernest Hemingway affermò una volta: “Tutta la letteratura americana moderna deriva da un libro di Mark Twain intitolato ‘Le avventure di Huckleberry Finn’ ”.
PRIMI ANNI E INFANZIA
Samuel Langhorne Clemens nacque prematuramente il 30 novembre 1835 nel piccolo villaggio di Florida, nel Missouri, sesto di sette figli di John Marshall Clemens e di Jane Lampton Clemens. Riguardo alla sua nascita, Twain avrebbe poi dichiarato nel 1909:
Sono arrivato qui nel 1835 insieme alla cometa di Halley. Tornerà di nuovo l’anno prossimo, e mi aspetto di andarmene con essa. Sarebbe la più grande delusione della mia vita se non dovessi andarmene con la cometa di Halley. L’Onnipotente ha detto, senza dubbio: ‘Ecco questi due prodigi incomprensibili; sono arrivati insieme, devono andarsene insieme’.
Solo tre dei fratelli di Twain — Orion, Pamela ed Henry — raggiunsero l'età adulta. La famiglia affrontò difficoltà finanziarie, con gli affari di John che spesso naufragavano, riponendo speranze in un vasto terreno nel Tennessee che non portò mai ricchezza, e che Twain descrisse in seguito come una maledizione familiare che alimentava sogni irrealistici.
Nel 1839, la famiglia Clemens si trasferì a ad Hannibal, nel Missouri, una vivace città portuale sul fiume Mississippi che avrebbe influenzato profondamente la scrittura di Twain. Hannibal servì da modello per la città immaginaria di St. Petersburg in Le avventure di Tom Sawyer e Le avventure di Huckleberry Finn. L’infanzia di Twain fu un misto di avventure idilliache e dure realtà. Lui e i suoi amici, tra cui Tom Blankenship (che in seguito sarebbe diventato l’ispirazione per Huckleberry Finn), giocavano a fare i pirati e gli esploratori, traendo spunto dai libri di autori come James Fenimore Cooper e Sir Walter Scott, rispettivamente scrittori dei celebri L’ultimo dei Mohicani e Ivanhoe.
I mesi estivi li trascorreva nella fattoria dello zio John Quarles, vicino a Florida, Missouri, dove ascoltava i racconti popolari di un uomo schiavizzato chiamato zio Daniel, elementi dei quali sarebbero poi comparsi nella sua rappresentazione di Jim in Le avventure di Huckleberry Finn.
Tuttavia, la tragedia colpì presto: la sorella Margaret (1830) e il fratello Benjamin (1842) morirono giovani, e lo stesso Twain sopravvisse a un’epidemia di morbillo, essendosi volutamente esposto al contagio in un azzardo “tutto o niente” con il destino. Assistette a episodi di violenza a Hannibal, tra cui una sparatoria e il ritrovamento di uno schiavo fuggitivo annegato, esperienze che avrebbero poi influenzato i temi più oscuri delle sue opere. Nel 1843–1844 la famiglia si trasferì in quella che oggi è conosciuta come la Mark Twain Boyhood Home, ma difficoltà economiche li costrinsero a spostarsi temporaneamente nella Pilaster House tra il 1846 e il 1847. John Clemens morì di polmonite il 24 marzo 1847, facendo piombare la famiglia in una povertà ancora più profonda e ponendo fine all’istruzione formale di Twain dopo la quinta elementare.
APPRENDISTATO E CARRIERA INIZIALE
Dopo la morte del padre, la famiglia fece ritorno alla Boyhood Home, e il giovane Samuel svolse lavoretti vari per sostenerla. Nel 1848, all’età di 12 anni, iniziò un apprendistato come tipografo presso Joseph Ament, al giornale Missouri Courier di Hannibal, dove affinò le sue abilità di scrittura in condizioni di vita modeste.
Nel 1850, suo fratello Orion fece ritorno a Hannibal, acquistò il giornale Western Union e assunse Samuel come compositore e collaboratore. In quello stesso anno, Samuel entrò anche a far parte dei Cadets of Temperance, un’organizzazione giovanile che promuoveva la moderazione o l’astinenza totale dall’alcol.
Nel 1852, mentre Orion era assente, Samuel curò la redazione del giornale e inviò i suoi primi bozzetti a pubblicazioni come il Saturday Evening Post, pubblicando inoltre The Dandy Frightening the Squatter, il suo primo racconto breve, su The Carpet Bag, la prima rivista umoristica americana, all’età di 16 anni.
In cerca di orizzonti più ampi, lasciò Hannibal nel giugno 1853 per lavorare come tipografo itinerante a St. Louis, New York e Filadelfia, istruendosi da solo nelle biblioteche lungo il tragitto. Quell’anno Orion trasferì la famiglia in Iowa, ponendo fine alla loro permanenza a Hannibal. Nel 1854, Samuel visitò Washington D.C. e trascorse l’estate a Muscatine, in Iowa, lavorando per il Muscatine Journal di Orion, un quotidiano locale. Nel 1855 passò l'inverno a St. Louis, poi si trasferì a Keokuk, in Iowa, per lavorare al Daily Post di Orion fino all’autunno del 1856, prima di dirigersi a Cincinnati, Ohio, come assistente tipografo.
Realizzando un sogno d’infanzia (per dir poco, poiché durante la sua giovinezza era praticamente una ossessione e teneva quella professione in somma considerazione), Twain fece apprendistato come pilota di battelli a vapore sul Mississippi sotto il capitano Horace Bixby, a bordo del Paul Jones, a partire dall’aprile 1857. Dopo più di due anni di rigoroso addestramento, il 9 aprile 1859 ottenne la sua completa licenza da pilota. Questo periodo fu determinante: i pericoli e il fascino del fiume ispirarono il suo pseudonimo “Mark Twain” (che significa “due fathom di profondità”, acqua sicura per la navigazione) e opere successive come Life on the Mississippi, del 1883. Tragicamente, suo fratello Henry morì in un’esplosione di un battello a vapore nel 1858, un evento che perseguitò Twain e accese il suo interesse per la parapsicologia - lo studio dei fenomeni psichici che vanno dalla telepatia alla chiaroveggenza, dalla precognizione alla psicocinesi e così via - poiché Twain affermò di averne previsto la morte in un sogno un mese prima. Twain fu colpito da un profondo senso di colpa e si attribuì in parte la responsabilità, diventando tuttavia un membro precoce della Society for Psychical Research.
Lo scoppio della Guerra Civile nel 1861 bloccò il commercio fluviale, ponendo fine alla carriera di pilota di Twain. Fece una breve visita a Hannibal prima di arruolarsi come sottotenente nei Confederate Marion Rangers, una milizia improvvisata che si sciolse dopo due settimane — un’esperienza che in seguito avrebbe satirizzato in The Private History of a Campaign That Failed. Nel luglio 1861, Twain viaggiò in diligenza verso Carson City, nel Nevada, insieme a Orion, che era stato nominato segretario del governatore territoriale.
AVVENTURE NELL'OVEST, VIAGGI OLTREMARE
In Nevada, Twain tentò la fortuna nell’attività mineraria nel giacimento Comstock Lode, ma fallì, e si dedicò invece al giornalismo. Nell’agosto del 1862 diventò reporter per il Territorial Enterprise di Virginia City, Nevada, dove i suoi bozzetti umoristici conquistarono popolarità. Qui, il 3 febbraio 1863, utilizzò per la prima volta in stampa lo pseudonimo “Mark Twain”. Queste prime esperienze nell'Ovest americano servirono da ispirazione per la sua opera semibiografica Roughing It, pubblicata in seguito nel 1872.
Roughing It:
«Il respiro ti si fa corto e rapido, fremi per l'eccitazione; la campana della cena può suonare fino a staccarsi il batacchio, ma tu non presti alcuna attenzione; gli amici possono morire, si possono celebrare matrimoni, le case possono andare in fiamme: non sono nulla per te; sudi, scavi e ti affanni con un interesse frenetico — ed ecco che all’improvviso lo trovi!».
Nel maggio 1864, Twain si trasferì a San Francisco, dove lavorò per il San Francisco Call e divenne amico di scrittori come Bret Harte, famoso soprattutto per i suoi racconti romantici sulla corsa all’oro californiana. Nel 1865 visitò Angels Camp, nella Jackass Hill della California, dove ascoltò la storia che sarebbe diventata The Celebrated Jumping Frog of Calaveras County — un racconto che metteva in evidenza la cultura, allora esistente in California, sia del gioco d’azzardo che delle “storie inverosimili” — pubblicato il 18 novembre 1865 sul New York Saturday Press. Questo racconto gli portò fama nazionale.
The Celebrated Jumping Frog of Calaveras County:
«Era l’uomo più curioso che si potesse immaginare: scommetteva su qualunque cosa capitasse, se solo riusciva a trovare qualcuno disposto a puntare dalla parte opposta; e se non ci riusciva, allora cambiava lui stesso schieramento».
Nel 1866, Twain viaggiò verso le Isole Sandwich (oggi note come Hawaii) come corrispondente per il Sacramento Union, tenendo poi, durante il viaggio di ritorno, la sua prima conferenza pubblica, basata sulle popolari lettere inviate al giornale Union. Questa raccolta di lettere sarebbe stata pubblicata molti anni dopo, nel 1947, con il titolo Letters from Hawaii, e descriveva in dettaglio le sue esperienze più significative sulle isole.
Letters from Hawaii
Nessuna terra straniera al mondo esercita su di me un fascino così profondo e potente come quella; nessun altro luogo potrebbe perseguitarmi con tanta nostalgia e tanta supplica, nel sonno e nella veglia, per metà della vita, come ha fatto quello.
Nel giugno 1867, si unì all’escursione sul battello a vapore Quaker City, finanziata da un giornale, verso il Mediterraneo, con ulteriori tappe nel resto d’Europa e in Medio Oriente, esperienze che avrebbe poi raccontato in The Innocents Abroad.
The Innocents Abroad, da parte sua, consacrò Mark Twain come scrittore di viaggi e umorista, risultando l’opera più venduta della sua vita e rimanendo uno dei libri di viaggio più venduti di tutti i tempi. La percezione del turismo da parte di Twain era in netto contrasto con quella dei suoi contemporanei, che si concentravano su ciò che lui considerava la sovra-commercializzazione della storia e della cultura. Twain era orgoglioso della giovinezza, della praticità e del pensiero critico degli americani, e vedeva poco valore nei cliché turistici comuni — soprattutto aneddoti ripetuti fino alla noia o inutili esagerazioni di grandiosità.
Alcune delle sue critiche più feroci erano rivolte al cattolicesimo europeo in quanto tale. Twain si mostrava spietato di fronte all’infinita quantità di reliquie — ossa, pezzi della cosiddetta “vera croce” di Gesù e brandelli dei vestiti dei santi — che ogni chiesa sembrava possedere.
“C’è abbastanza della vera croce a Roma per costruire una nave”.
Osservava come i pellegrini cattolici baciassero e sfregassero servilmente le opere d’arte e le statue dei santi e di altre figure cristiane
Ci sono così tanti luoghi santi in Italia dove la gente bacia la stessa vecchia immagine nera e sfrega lo stesso vecchio piede, che è un miracolo se le immagini e i piedi non si siano del tutto consumati.
Ulteriore derisione è riservata ai racconti degli stessi santi, presentati da molti come guide turistiche che narrano dei loro grandi miracoli e indulgenze.
Se tutti i miracoli di cui parlano fossero realmente accaduti, il Salvatore sarebbe stato impegnato a compierli per tutte le ventiquattro ore di ogni giorno, per tre anni.
Anche Twain criticava il modo in cui le cattedrali cattoliche erano immerse in oro, opere d’arte e ricchezze, mentre le città circostanti erano spesso impoverite. Visitando san Pietro a Roma, si lamenta:
“I poveri miserabili là fuori… quante delle loro magre entrate sono state strappate loro per costruire una meraviglia di marmo alla quale non è loro permesso accedere liberamente?”.
Arriva persino a criticare i sacerdoti stessi, osservando ulteriormente quanto la chiesa, puramente sacra per definizione, assomigliasse a un luogo di vendite e commercio di reliquie.
Il sacerdote che ci mostrava la chiesa non sembrava sapere nulla a riguardo, se non i nomi dei santi, e li elencava con la stessa indifferenza meccanica con cui una centralinista dice ‘linea occupata’.
Tuttavia, il disgusto più grande di Twain era riservato alle visite nella “Terra santa” vera e propria. Già all’avvicinarsi, Twain non mostrava altro che un’apparente avversione per le terre bibliche di quello che oggi conosciamo come Israele e Palestina, demolendo completamente le aspettative che molti lettori cristiani americani a casa si sarebbero fatti
«Di tutte le terre che esistono per un paesaggio desolante, credo che la Palestina debba esserne la regina… È una terra senza speranza, tetra, dal cuore spezzato… Una terra senza spirito… completamente abbandonata alle erbacce e alla desolazione».
Ovunque vada, a Twain vengono mostrati cappelle e santuari cattolici che pretendono di essere il luogo esatto di un evento biblico — con una credibilità pari a quella che ci si aspetterebbe. A Betlemme stessa, egli osserva:
«Qui, dicono, nacque il Salvatore; in quella nicchia la Vergine lo allattò; quella è proprio la mangiatoia nella quale giacque. È di moda crederlo. Non importa che sia vero oppure no».
Ancora una volta, egli commenta la commercializzazione appariscente di tutto ciò, nonostante la sua evidente inattendibilità.
Non esiste alcuna registrazione di una singola cosa che sia mai accaduta in Palestina che non venga mostrata, in un luogo o in un altro, ai visitatori, in cambio di denaro… I monaci non dimenticano mai di tenere d’occhio con attenzione i pellegrini; e non mancano mai di mostrare loro esattamente dove il Salvatore stava in piedi, o sedeva, o si inginocchiava, o dormiva, o piangeva. E poi fanno passare il cappello (una vecchia espressione idiomatica che si riferisce alla sollecitazione di donazioni).
Nonostante tutte le descrizioni bibliche della regione e della sua apparente bellezza, lo stesso Twain non rimane affatto impressionato dalla Terra santa.
La Palestina siede nel cilicio e nella cenere… desolata e sgradevole… È una terra da sogno.
Twain, in definitiva, vede andare in frantumi ogni illusione. Si rende conto che le nazioni descritte nell’Antico Testamento potrebbero più che facilmente stare all’interno di molti Stati e contee americane, e che i “re” di quelle nazioni potrebbero benissimo aver governato su un numero di persone inferiore a quello che si potrebbe trovare in piccole città di casa. Alla fine, non fa alcun segreto della sua avversione.
Se tutta la poesia e le assurdità che sono state riversate sulle fontane e sullo scenario monotono di questa regione fossero raccolte in un libro, ne verrebbe fuori un volume di grandissimo valore da bruciare.
Il viaggio, tuttavia, non fu privo di momenti di rilievo per Twain. Fu durante questo viaggio che Twain incontrò un compagno di viaggio, Charles Langdon, il quale gli mostrò un’immagine di sua sorella, Olivia. Twain avrebbe detto che fu amore a prima vista, e i due intrattennero una corrispondenza per tutto il 1868, sebbene Olivia avesse respinto la sua proposta iniziale.
MATRIMONIO, AMICI, FAMIGLIA
Twain continuò a corteggiare Olivia, e i due si sposarono a Elmira, nello Stato di New York, il 2 febbraio 1870. Si stabilirono a Buffalo, dove il loro figlio Langdon nacque il 7 novembre 1870, ma morì di difterite all’età di 19 mesi nel 1872. La coppia ebbe tre figlie: Olivia Susan “Susy” (nata il 19 marzo 1872), Clara (nata l’8 giugno 1874) e Jane “Jean” (nata il 26 luglio 1880). Nell’ottobre del 1871 si trasferirono a Hartford, nel Connecticut, dove Twain fece costruire nel 1874 un’elaborata casa vittoriana (oggi la Mark Twain House), adiacente alla residenza di Harriet Beecher Stowe. Le estati venivano trascorse a Quarry Farm, a Elmira, un rifugio di scrittura molto produttivo per Twain.
Sebbene Mark Twain fosse generalmente considerato di vedute piuttosto conservatrici (nel contesto dell’epoca), mantenne tuttavia una mentalità aperta e, tramite la moglie, frequentò molti liberali contemporanei, senza mai chiudere la mente a nuovi punti di vista, arrivando persino ad ammettere più avanti nella vita che le sue opinioni cambiarono considerevolmente nel corso della sua esistenza. Fu, come molti notarono, un grande sostenitore del progresso scientifico e sociale, esprimendosi con forza a favore dell’abolizione della schiavitù e del diritto di voto alle donne, prima di molti altri del suo tempo.
Forse nulla simboleggia meglio la predilizione di Twain per la scienza dell’amicizia che strinse con nientemeno che Nikola Tesla. Lo stesso Tesla raccontò: “Quando ero un giovane in Europa (negli anni ’70 dell’Ottocento), fui malato per molto tempo. Lessi molti libri di Mark Twain e mi donarono tanta felicità che guarii. E ora, eccolo qui, nel mio laboratorio”.
Twain fu apparentemente commosso fino alle lacrime dal sentimento, trascorse molto tempo nel laboratorio di Tesla e sviluppò persino alcuni brevetti inventivi propri; tra questi, un album da ritagli auto-adesivo con colla secca sulle pagine, che doveva semplicemente essere inumidita prima dell’uso. Egli incorporò inoltre i progressi della scienza nelle sue opere, con uno dei suoi racconti che utilizzava le impronte digitali a scopo forense appena un anno dopo il loro primo riconoscimento legale.
Fu il periodo degli anni 1870 a segnare il massimo della produzione letteraria di Twain. Nel 1872 venne pubblicato Roughing It, seguito da The Gilded Age: A Tale of Today (1873, scritto insieme a Charles Dudley Warner), che satirizzava la corruzione, il credito e la speculazione fondiaria del periodo postbellico. Fu, in effetti, proprio questo romanzo a dare all’era post-guerra civile il nome di Gilded Age.
The Gilded Age: A Tale of Today
Nessun paese può essere ben governato se i suoi cittadini, nel loro insieme, non tengono religiosamente davanti alla mente che essi sono i custodi della legge, e che gli ufficiali della legge non sono che la macchina per la sua esecuzione, e nulla di più.
Nel 1876, Twain pubblicò Le avventure di Tom Sawyer — una delle sue opere più celebri — un racconto di formazione. Racconta dell’omonimo Tom Sawyer, un ragazzo birichino e avventuroso, mentre attraversa l’infanzia insieme ai suoi amici — tra i quali spiccano soprattutto Huckleberry Finn e Joe Harper. Le imprese di Tom vanno da marachelle leggere e divertenti (convincere altri ragazzi a imbiancare una recinzione per lui, giocare ai pirati sull’Isola di Jackson e corteggiare la compagna di classe Becky Thatcher) a esperienze più cupe (assistere a un omicidio in un cimitero, perdersi in una grotta e testimoniare contro il malvagio Injun Joe, che aveva visto commettere l’omicidio). Nonostante il suo spirito selvaggio, Tom matura nel corso della storia. Alla fine, dimostra coraggio, lealtà e un più profondo senso di responsabilità morale, e il racconto stesso mostra come l’immaginazione possa preparare i bambini alle difficili sfide della vita, servendo al contempo da satira sulle curiose aspettative della società adulta.
Le avventure di Tom Sawyer
Tom si disse tra sé che, dopo tutto, il mondo non era così vuoto. Aveva scoperto una grande legge dell’azione umana, senza saperlo, ossia che, per far desiderare a un uomo o a un ragazzo una cosa, è sufficiente rendere quella cosa difficile da ottenere. Se fosse stato un grande e saggio filosofo, come l’autore di questo libro, ora avrebbe compreso che il Lavoro consiste in tutto ciò che un individuo è costretto a fare, e che il Gioco consiste in tutto ciò che un individuo non è costretto a fare.
Dopo la pubblicazione de Le avventure di Tom Sawyer, Twain continuò a godere di un periodo di straordinario successo nel decennio successivo, pubblicando nel 1881 il celebre Il principe e il povero, dopo diversi viaggi d’affari in Canada per assicurarsi i diritti d’autore. Il romanzo è ambientato nell’Inghilterra del XVI secolo, durante il regno di Enrico VIII. Racconta la storia di due ragazzi fisicamente identici ma provenienti da mondi completamente diversi: Edward Tudor, il giovane Principe di Galles ed erede al trono inglese, e Tom Canty, un ragazzo povero che vive in Offal Court, nei quartieri più degradati di Londra.
Per caso, i due si incontrano nei pressi del palazzo. Affascinati dalla vita dell’altro, si scambiano i vestiti per gioco, ma gli eventi sfuggono presto al loro controllo. Tom, vestito da principe, viene scambiato per Edward e portato nella famiglia reale, mentre Edward, vestito da Tom, viene cacciato e scambiato per un mendicante. Edward, nel tentativo di riconquistare la sua legittima posizione, sperimenta in prima persona le dure realtà della povertà, dell’ingiustizia e della crudeltà che affliggono i comuni cittadini, mentre Tom viene catapultato nel lusso e nelle responsabilità della vita dei reali, lottando per comportarsi come un principe senza farsi smascherare. Twain mette in luce il grande divario tra ricchi e poveri nell’Inghilterra dei Tudor. Il romanzo critica la crudeltà delle leggi, il trattamento severo dei bisognosi e l’ingiustizia sistemica. Vivendo l’uno nella vita dell’altro, entrambi i ragazzi apprendono l’empatia. Il governo di Edward diventa più compassionevole perché ha conosciuto la povertà, mentre Tom acquisisce umiltà e una nuova prospettiva grazie all’esperienza tra i reali.
Il principe e il povero
«Quando sarò re, non avranno solo pane e rifugio, ma anche insegnamenti tratti dai libri, perché una pancia piena vale poco quando la mente è affamata».
Due anni dopo, Twain pubblicò il già citato Vita sul Mississippi, in parte memoir, in parte storia e in parte resoconto di viaggio. Twain racconta le sue esperienze giovanili come pilota di battelli a vapore sul fiume Mississippi prima della Guerra Civile, per poi confrontarle con il suo successivo ritorno sul fiume anni dopo. Il libro mescola autobiografia, leggende del fiume, commento culturale e l’umorismo ormai caratteristico di Twain, offrendo un ritratto sia personale sia storico del grande fiume americano.
Vita sul Mississippi
Ogni tanto nutrivamo la speranza che, se avessimo vissuto e ci fossimo comportati bene, Dio ci avrebbe permesso di diventare pirati.
Twain pubblicò poi, nel 1884, un seguito de Le avventure di Tom Sawyer, Le avventure di Huckleberry Finn, che ancora oggi è considerato il modello per eccellenza del “grande romanzo americano”. La storia continua la vita di Huck Finn dal romanzo precedente, mentre fugge dal padre violento e dai vincoli della società “civilizzata”, scivolando lungo il fiume Mississippi insieme a Jim, uno schiavo fuggiasco in cerca di libertà. Lungo il percorso, i due incontrano pericoli, truffatori e dilemmi morali che mettono alla prova la coscienza di Huck. Nonostante gli sia stato insegnato che aiutare Jim è un peccato (dato che gli era stato inculcato che gli schiavi erano proprietà e che aiutare Jim equivaleva quindi al furto) Huck sfida la sua paura dell’Inferno cristiano e decide di aiutare l’amico a ogni costo, dichiarando audacemente: “Va bene, allora, andrò all’Inferno”.
Il loro viaggio diventa sia una vera e propria ricerca della libertà sia una satira di quella che Twain considerava l’ipocrisia dell’America contemporanea, mettendo in luce la crudeltà, l’avidità e i pregiudizi che si celano dietro una società apparentemente rispettabile.
Le avventure di Huckleberry Finn
«Il bene è bene e il male è male, e nessuno ha motivo di fare il male se non è ignorante e sa cosa è giusto».
Un americano alla corte di re Artù chiuse il prolifico decennio degli anni ’80 per Twain. La storia segue Hank Morgan, un ingegnere del XIX secolo del Connecticut che, a seguito di un colpo alla testa, si risveglia nel mondo medievale dell’Inghilterra di re Artù. Avvalendosi della sua conoscenza moderna della scienza, della tecnologia e dell’industria, Hank convince la popolazione di essere un potente mago e ottiene una posizione di rilievo alla corte di Artù. Cerca di modernizzare la società feudale introducendo invenzioni come la polvere da sparo, il telegrafo e le scuole, credendo di poter portare illuminazione e progresso nel Medioevo. Tuttavia, i suoi sforzi per riformare la società falliscono: la sua tecnologia provoca distruzione di massa, la sua influenza crolla e si ritrova isolato in un mondo incapace di sostenere i suoi ideali moderni. Il romanzo si conclude tragicamente, con i sogni di progresso di Hank ridotti in rovina.
Qui Twain prende in giro la comune idealizzazione del Medioevo, popolare ai suoi tempi, e suggerisce che, anche se si tornasse indietro nel tempo e si introducessero nelle menti superstiziose, rigide e cristiane dell’epoca le tecnologie e le comodità moderne, ciò sarebbe comunque inutile. Peggio ancora, potrebbe addirittura risultare pericoloso, poiché Twain riteneva evidentemente che il progresso scientifico da solo non potesse sostituire il miglioramento morale e sociale. Hank, sebbene animato da buone intenzioni, diventa la stessa tirannia che aveva cercato di distruggere, e si può notare chiaramente il crescente scetticismo di Twain verso gli atteggiamenti imperialisti e l’eccezionalismo, che avrebbero definito gran parte della sua prospettiva nel decennio successivo.
Un americano alla corte di re Artù
Ci furono due “Regni del Terrore”, se solo volessimo ricordarlo e rifletterci sopra; uno commise omicidi per passione, l’altro in fredda e insensibile crudeltà; uno durò pochi mesi, l’altro durò mille anni; uno inflisse la morte a diecimila persone, l’altro a cento milioni; eppure i nostri brividi sono tutti per gli “orrori” del Terrore minore, del Terrore momentaneo, per così dire; mentre, quale orrore può essere la morte rapida per decapitazione, se confrontata con una morte lunga una vita per fame, freddo, insulti, crudeltà e afflizione? Quale è la morte rapida per fulmine, se paragonata alla lenta morte sul rogo? Un cimitero cittadino potrebbe contenere le bare riempite da quel breve Terrore, per cui tutti noi siamo stati così diligentemente educati a rabbrividire e a piangere; ma tutta la Francia difficilmente potrebbe contenere le bare riempite da quel Terrore più antico e reale, quel Terrore indicibilmente amaro e terribile che nessuno di noi è stato educato a vedere nella sua vastità o a compatire come merita.
TWAIN E L’OCCULTO
Con il crescere della sua fama, Twain coltivò un vivo interesse per l’occulto, in particolare per i movimenti del mesmerismo e dello spiritualismo, popolari ai suoi tempi. Furono proprio le sue opere a rendere popolari molti elementi di questi gruppi occultisti nella società vittoriana, soprattutto negli Stati Uniti, dove tali argomenti erano ancora in parte un tabù. In ogni caso, fedele alla propria natura, Twain rimase anche scettico e volle sottoporre l’occulto a criteri rigorosi, piuttosto che credere indiscriminatamente a qualsiasi cosa senza porsi domande.
Egli era particolarmente interessato all’idea della telepatia nella forma della scrittura (telegrafia), che, a suo dire, sembrava influenzare elementi del suo impulso creativo in diversi momenti e che condusse ad alcuni episodi bizzarri che non seppe spiegare. In particolare, come detto sopra, alcuni giorni prima che suo fratello morisse nel famigerato incidente del battello a vapore, Twain lo immaginò in una bara metallica ornata da un mazzo di rose bianche. Il suo interesse per la telegrafia in senso proprio, come egli stesso spiegò, ebbe inizio nella seconda metà degli anni Settanta dell’Ottocento, all’indomani della Guerra Civile, dei suoi viaggi ancora incerti in Inghilterra e della fioritura della sua carriera, e Twain sarebbe poi giunto a svilupparlo ampiamente nel corso del decennio del 1890, pubblicando due articoli su Harper’s Magazine intitolati «Mental Telegraphy: A Manuscript with a History» e «Mental Telegraphy Again».
Mental Telegraphy: A Manuscript with a History, Harper’s New Magazine
Ora vengo alla cosa più bizzarra che mi sia mai capitata. Due o tre anni fa ero a letto, una mattina, disteso a fantasticare oziosamente — era il 2 marzo — quando all’improvviso un’idea nuova, rovente, piombò fischiando nel mio accampamento ed esplose con un’efficacia così totale da spazzare completamente i dintorni dalle riflessioni inutili, riempiendo l’aria della loro polvere e dei frammenti volanti. Quest’idea, espressa in una frase semplice, era che il tempo fosse maturo e il mercato pronto per un determinato libro; un libro che doveva essere scritto immediatamente; un libro che imponeva l’attenzione ed essere di interesse particolare — vale a dire, un libro sulle miniere d’argento del Nevada. La «Grande Bonanza» era allora una meraviglia recente, e tutti ne parlavano. Mi sembrava che la persona più qualificata per scrivere questo libro fosse il signor William H. Wright, un giornalista di Virginia City, Nevada, al cui fianco avevo scarabocchiato per molti mesi quando ero cronista laggiù dieci o dodici anni prima. Poteva essere ancora vivo; poteva essere morto; non ero in grado di dirlo; ma gli avrei scritto comunque. Cominciai limitandomi a suggerire, con semplicità e modestia, che scrivesse un libro del genere; ma, man mano che procedevo, il mio interesse cresceva, e mi azzardai a delineare quello che, a mio avviso, avrebbe dovuto essere il piano dell’opera, trattandosi di un vecchio amico, non incline a scambiare le buone intenzioni per cattive. Arrivai persino a entrare nei dettagli, suggerendo l’ordine e la successione che essi avrebbero dovuto seguire. Mi occupai persino dei dettagli e suggerii l’ordine e la sequenza che essi avrebbero dovuto seguire. Stavo per mettere il manoscritto in una busta, quando mi venne in mente che, se quel libro fosse stato scritto su mio suggerimento e poi nessun editore avesse voluto pubblicarlo, mi sarei sentito a disagio; perciò decisi di trattenere la lettera finché non avessi assicurato un editore. Riposi il documento in un cassetto e inviai un biglietto al mio editore, chiedendogli di fissare un giorno per un colloquio d’affari. Egli era fuori città, in un lungo viaggio. Il mio biglietto rimase senza risposta e, nel giro di tre o quattro giorni, l’intera faccenda era uscita dalla mia mente. Il 9 marzo il postino portò tre o quattro lettere, e fra queste ve n’era una voluminosa, il cui indirizzo era scritto in una grafia che mi appariva vagamente familiare. In un primo momento non riuscii a “collocarla”, ma poco dopo ci riuscii. Allora dissi a un parente in visita che era presente:
‘‘Ora compirò un miracolo. Vi dirò tutto ciò che questa lettera contiene — data, firma e tutto il resto — senza rompere il sigillo. Proviene da un certo signor Wright, di Virginia, Nevada, ed è datata 2 marzo — sette giorni fa. Il signor Wright propone di scrivere un libro sulle miniere d’argento e sulla Grande Bonanza, e chiede che cosa io, in qualità di amico, pensi dell’idea. Dice che gli argomenti saranno questo e quello, nel tal ordine e in tale successione, e che concluderà con una storia della caratteristica principale del libro, la Grande Bonanza’’.
Aprii la lettera e mostrai che avevo indicato correttamente la data e il contenuto. La lettera del signor Wright conteneva semplicemente ciò che conteneva la mia stessa lettera, scritta nella medesima data, e la mia giaceva ancora nel suo scomparto, dove era rimasta nei sette giorni trascorsi da quando era stata scritta.
Non vi fu alcuna chiaroveggenza in questo, se comprendo correttamente che cosa sia la chiaroveggenza. Ritengo che il chiaroveggente pretenda di vedere realmente una scrittura nascosta e di leggerla parola per parola. Questo non era il mio caso. Io sembravo soltanto sapere, e sapere in modo assoluto, il contenuto della lettera nei dettagli e nel giusto ordine, ma dovevo formularlo io stesso. Lo traducevo, per così dire, dalla lingua di Wright nella mia.
La lettera di Wright e quella che io avevo scritto a lui ma non avevo mai spedito erano, nella sostanza, la stessa cosa.
È evidente che Twain non era un individuo ordinario e, come alcune Personalità, sembrava possedere certi poteri occulti. Come spiegato, tuttavia, rimase uno scettico e libero pensatore di primo piano, che si rifiutava di avallare ciarlatani, ipocriti e imbroglioni. Egli partecipava a certe sedute spiritiche con l’intento di smascherare trucchi e raggiri, cosa che fu descritta in dettaglio in un’opera giovanile, The Spiritual Séance. La posizione di Twain, tuttavia, non fu mai una semplice liquidazione dell’occulto, come alcuni personaggi moderni sostengono. Negli anni Ottanta dell’Ottocento, come detto, accettò un invito a entrare nella Society for Psychical Research (SPR) di Londra e partecipò alle loro riunioni con un interesse contenuto.
Twain non aveva neppure timore di attaccare le correnti occulte alla genesi della New Age che trovava sgradevoli; disprezzava l’influenza della sempre più prominente setta della Christian Science per gli scritti oscuranti dei suoi aderenti e per la predicazione secondo cui la medicina sarebbe stata meno efficace della preghiera, attaccando ferocemente in particolare la sua fondatrice Mary Baker Eddy in un libro polemico intitolato semplicemente Christian Science.
TOUR MONDIALE, ULTIME FATICHE
Prima del 1899, Twain era in larga misura favorevole all’imperialismo, avendo parlato con forza a favore degli interessi americani nelle isole Hawaii e altrove, affermando che la guerra americana con la Spagna del 1898 (che, va notato, assicurò agli Stati Uniti la sovranità su Porto Rico, Guam e le Filippine, oltre a un Protettorato su Cuba) fosse la guerra più degna mai combattuta.
Solo un anno dopo, come si potrebbe giudicare dai temi presenti in Un americano alla corte di re Artù, la mente di Twain si era rapidamente e completamente convertita. Sul New York Herald del 16 ottobre 1900, Twain descrive il suo “risveglio” politico.
Volevo che l’aquila americana si lanciasse stridendo nel Pacifico… Perché non spiegare le sue ali sulle Filippine?, mi chiedevo… Mi dissi: ecco un popolo che ha sofferto per tre secoli. Possiamo renderli liberi come noi stessi, dare loro un governo e una patria propri, mettere a galleggiare nel Pacifico una miniatura della Costituzione americana, avviare una repubblica del tutto nuova che prenda posto tra le nazioni libere del mondo. Mi sembrava un grande compito, quello al quale ci eravamo dedicati.
Ma da allora ho riflettuto ulteriormente, e ho letto con attenzione il Trattato di Parigi (che pose fine alla guerra ispano-americana), e ho visto che non intendiamo liberare, ma soggiogare il popolo delle Filippine. Siamo andati lì per conquistare, non per redimere.
Dovrebbe essere, mi sembra, nostro piacere e nostro dovere rendere libero quel popolo e lasciargli affrontare le proprie questioni interne a modo suo. E così sono un anti‑imperialista. Sono contrario a che l’aquila posi i suoi artigli su qualsiasi altra terra.
Non era, tuttavia, solo l’imperialismo americano a suscitare l’ampia critica di Twain. Anche re Leopoldo II del Belgio, e in generale la “corsa all’Africa”, ricevettero non poca dose di veleno. Come vicepresidente della Anti-Imperialist League a partire dal 1901, Twain scrisse opuscoli politici per l’organizzazione, tra i quali il più noto fu probabilmente Il soliloquio del re Leopoldo.
In esso, il Leopoldo romanzato sostiene che i suoi critici parlino soltanto di cose che fanno apparire la sua immagine negativa, come le tasse ingiuste che imponeva al popolo del Congo, che causarono carestia e l'eccidio di interi villaggi (per non parlare di altri massacri), ma non del fatto che avesse inviato missionari nei villaggi per convertirli al cristianesimo, cosa apparentemente così nobile da far ritenere che compensasse completamente quella che era “un po’ di carestia”.
La mentalità politica di Twain, per parte sua, fu fortemente influenzata dai vari avvenimenti del 1890. Pur potendo dire che la sua visione del mondo si fece più cupa, non si può affermare che divenne amareggiato, poiché Twain provava più intensamente che mai il sentimento delle ingiustizie del mondo, dopo aver vissuto tante difficoltà personali.
All’inizio del 1890, la fortuna di Twain aveva cominciato a sfaldarsi a causa di una combinazione di sventure imprenditoriali e pressioni economiche. La sua casa editrice, Charles L. Webster & Co., fondata nel 1884, aveva inizialmente prosperato con successi come i Memoriali personali di Ulysses S. Grant, che si vendettero straordinariamente bene grazie a un innovativo marketing porta a porta condotto da veterani della Guerra Civile, e il gigantesco successo dello stesso Twain con Le avventure di Huckleberry Finn.
Tuttavia, le pubblicazioni successive della casa editrice fallirono, prosciugando risorse e portando Twain a definire l’impresa un “suicidio prolungato”. I debiti della compagnia aumentarono, esacerbando la pressione finanziaria su Twain.
A peggiorare le cose vi fu il disastroso investimento di Twain nel Paige Compositor, un’ambiziosa macchina tipografica meccanica inventata da James W. Paige. Twain, sfruttando la sua esperienza come ex tipografo, investì inizialmente 5.000 dollari nel 1880 dopo aver visto un primo prototipo, convinto che avrebbe rivoluzionato la stampa automatizzando la composizione tipografica a una velocità fino a 12.000 em l’ora — tre volte più veloce dei metodi manuali. Nel 1884, alimentato dai guadagni derivati da Huckleberry Finn, incrementò l’investimento fino a 4.000 dollari al mese (circa 125.000 dollari odierni).
Tuttavia, entro il 1890 la casa editrice di Twain crollò, costringendo la famiglia a trasferirsi in Europa per ridurre le spese di vita. Il progetto Paige continuò a fallire a causa del perfezionismo di Paige, che portava a continue riprogettazioni e opportunità di mercato mancate. Un test privato dell’ANPA del 1892 ne confermò la velocità, generando migliaia di ordini, ma nel 1893 un contratto per 3.000 unità venne annullato dopo che, nel 1894, un collaudo presso il Chicago Herald & Post evidenziò guasti e inefficienze. I 18.000 componenti della macchina la rendevano antieconomica rispetto alla più semplice Linotype, che finì per dominare il mercato, rendendo il Paige Compositor praticamente senza valore, con un’unica macchina sopravvissuta fino a oggi presso la Mark Twain House di Hartford.
(Prima parte)