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[Trad-IEvil] Schiavitù nell'islam - schiavitù nera

TheHermit

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May 3, 2023
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Slavery in Islam - Black Slavery
[JG]Karnonnos


Schiavitù nell’islam – schiavitù nera

Alcuni neri americani e altri hanno ingranato sé stessi nel credere fortemente che l’islam sia una sorta di setta “anti razzista”. Il nemico ha anche spinto l’islam come una grande tenda di uguaglianza razziale davanti a “Dio”, dove tutte le atrocità del mondo occidentale sono semplicemente assenti.

Le storie come quelle di Bilal, lo schiavo etiope e primo muezzino, sono distorte in un’idea del cosiddetto Maometto come liberatore di schiavi e combattente contro il razzismo, anche se molti hadith hanno Maometto insultare Bilal chiamandolo “testa d’uvetta”, insieme ad altre cose.

Bilal non era stato nemmeno ottenuto tramite la guerra, è stato COMPRATO da Abu Bakr e dato a Maometto. Maometto non è mai stato un particolare “liberatore di schiavi”.

Le biografie islamiche degli esperti su Maometto dicono che questa sia la verità:

Maometto ebbe molti schiavi maschi e femmine. Era sua abitudine venderli e comprarli, ma comprò più schiavi di quanti ne vendette. Una volta vendette uno schiavo nero per due. I suoi acquisti di schiavi furono più delle vendite.

Zad al-Ma’ad, Ibn Qayyim al-Jawziyya

Nella realtà, gli africani venivano catturati dai mercanti nelle maniere più brutali.

Il consolidamento della servitù della gleba fu spesso rifiutato dai musulmani dopo il fallimento dell'esperimento abbaside di rendere i musulmani schiavi domestici. Perciò la schiavitù divenne una preoccupazione per mantenere in piedi qualsiasi impero islamico.

Al-Tabari, nell'800 d.C., cita la schiavitù industriale dei neri a Baghdad, Bassora e in altre città sui fiumi Tigri ed Eufrate, come schiavi della pesca delle perle, di gigantesche piantagioni e altri che si sono liberati delle catene e si sono rivoltati contro i loro padroni.
Eventualmente si verificò una rivolta conosciuta come “rivolta di Zanj”, una delle più grandi minacce a qualsiasi impero islamico che sia mai esistita.

I ribelli erano così numerosi che le fonti arabe indicano che due milioni si ribellarono contro gli arabi, bruciando le piantagioni e uccidendoli indiscriminatamente. Trecento mila abitanti di Bassora persero la loro vita. Stranamente, questo incidente di Haiti direttamente nel cuore del califfato è relativamente sconosciuto.

Vedete, la realtà storica della schiavitù musulmana delle persone nere non è amichevole al progetto multiculturale. Ecco perché questa discussione non trova attenzione a confronto con la schiavitù transatlantica, che è persino martellata nelle teste dei bianchi in paesi come l’Estonia che non ne hanno nemmeno avuto a che fare.

I nostri moderni storici “illuminati” non solo negano questo incidente, ma cercano di coprirlo e pretendono che fosse stata “solo” una rivolta di qualche tribale locale della Mesopotamia, in totale contraddizione con le fonti arabe e con i resoconti dei testimoni oculari, basandosi sul NULLA.

Dopo la rivolta, i ribelli (estimati essere almeno un milione di persone) furono tutti messi a morte e gli affari continuarono come sempre. Le piantagioni di datteri in Arabia avevano bisogno di grandi quantità di mano d’opera nera, si contano centinaia di migliaia in una singola piantagione a un certo punto. Le piantagioni di chiodi di garofano, cocco e zucchero richiedevano simili quantità di mano d’opera. Zeilah e Tadjourah funzionavano come porti principali per gli schiavi nel Mar Rosso. Verso il X secolo, un uomo di Giava presentò a un imperatore cinese degli schiavi neri.

La Mecca stessa funzionò come un gigantesco mercato e deposito degli schiavi per un millennio e mezzo, trattando per lo più schiavi neri importati dall’Africa.

Venivano vendute ancora molte quantità di schiavi neri quando Malcom X fece la sua infame visita alla Mecca e a Medina, proclamando la sua convinzione che l’islam fosse razzialmente equo.

Un documentario di un visitatore alla Mecca nel 1964 mostra che questa è la verità!

Il 90% degli africani schiavizzati non sopravviveva il viaggio fino alle varie destinazioni in Medio Oriente. Agli africani malati agli addestramenti per diventare schiavi venivano tagliate le arterie e lasciati a morire, abbandonati come bagagli ai lati delle strade, al punto che i viaggiatori videro frequentemente queste strade piene di scheletri per centinaia di anni. Probabilmente questa era anche una qualche forma di sacrificio.

Gli schiavi africani lavoravano nudi sotto il sole cocente dato il “credo” comune islamico che diceva che le persone nere non avevano bisogno di proteggersi dal sole. Molti schiavi furono brutalmente castrati (spesso sulla strada verso le terre islamiche) e ad alcune schiave in Somalia e a Zanzibar vennero bruciati i genitali con del ferro.

Questo fu il caso con gli schiavi di Tippu Tip, che fu uno degli istigatori del progetto Stato Libero del Congo.

Tidiane N’Diaye affermò che ci sono poche tracce degli schiavi neri rimaste nelle terre islamiche per via della diffusa castrazione, maltrattamenti, mescolanza delle razze e alta mortalità, sottolineando che i rispettivi discendenti degli schiavi sono circa settanta milioni nel continente americano.

Il continente africano è stato prosciugato delle sue risorse umane in ogni modo possibile. Attraverso il Sahara, attraverso il Mar Rosso, dai porti dell’Oceano Indiano e tramite l’Atlantico, un millennio di schiavitù (dal XI al XIX secolo) esportò quattro milioni attraverso il Mar Rosso, altri quattro milioni attraverso i porti del Mar Rosso degli swahili dall’Oceano Indiano, forse fino a nove milioni tramite il percorso delle carovane trans-sahariane e da undici a venti milioni (dipende dalle fonti) attraverso l’Oceano Atlantico.

The Diplomatic World, Elikia M’Bokolo

Le economie baste sugli schiavi come Zanzibar, Oman e gli stati somali hanno prosperato grazie alla vendita e l’asservimento delle popolazioni bantu. Nell’Africa Occidentale, i marocchini, i mauritani e gli hausa si arricchirono grazie al trasporto degli schiavi la cui tratta attraverso il Sahara era brutale. Anche la Spagna Islamica e l’Impero Ottomano generarono molta ricchezza e potere dal trasporto degli africani.

In Somalia si sviluppò un complesso sistema di identificazione, dove gli schiavi neri erano chiamati jareer e le loro caratteristiche “negroidi” furono usate per interpretarli come “socialmente inferiori”. I jareer lavoravano esclusivamente nelle piantagioni ed erano segregati. Era proibito qualsiasi contatto sociale, incluso parlare a loro. Alcuni gruppo somali cucirono le vulve delle loro schiave nere attraverso l’infibulazione per impedire loro di partorire.

Sia nell’Egitto fatimide e in quello ayyubide che nell’al-Andalus, insieme ad altri stati islamici, uno schema principale era quello di rapire schiavi bianchi, neri e turchi (che in questo momento significava asiatici) in forze armate separate che potevano essere messe in contrapposizione tra loro in qualsiasi momento.

Queste armate tri o birazziali sono un punto vocale principale di ogni civilizzazione sotto l’islam. Gli istinti razziali sono stati sfruttati con attenzione per rafforzare il potere di ogni governatore musulmano. Gli ottomani usarono questo modello anche sui sorveglianti dei loro harem, gli eunuchi.

I monasteri copti cristiani avevano centri specializzati in castrazioni dove tagliavano i genitali dei ragazzi neri per essere trasportati nell’Impero Ottomano. La schiavitù dei neri non era un piccolo fenomeno nell’Impero Ottomano. Le persone nere erano comunemente usate come schiavi di casa e avevano molti atri “usi”.

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Signora turca con la sua schiava.

Dobbiamo solo vedere l’atteggiamento dei filosofi islamici verso i neri:

Le nazioni negre sono, come di regola, sottomessi alla schiavitù. Loro… hanno attributi che sono molto simili a quelli degli animali.

Muqiddimah, Ibn Khaldun

[I neri sono] persone che per loro vera natura sono schiavi.

Ibn Sina

Questo estratto mostra quanto poco sia cambiato per gli africani sotto l’islam per un millennio:

La tratta dall’interno dell’Africa attraverso il lago Tanganyika alla costa era cosparsa di scheletri come risultato degli schiavi morti per sfinimento, fame o per la brutalità dei loro trasporti, a volte legati tra di loro. Le morti lungo il viaggio erano così numerose che si è estimato che per ogni schiavo che raggiunse la costa a Zanzibar si persero in transito quattro o cinque vite. Un commerciante di schiavi arabo, chiamato Syeb-bin-Habib, viene riportato ammettere nel 1882 che dei trecento schiavi che acquistò solo cinquanta raggiunsero la costa vivi. David Livingstone osservò che se il massacro commesso durante le razzie fosse tenuto da conto insieme alle morti lungo le vie, allora il prezzo di ogni schiavo arrivato a Zanzibar sarebbe di dieci vite.

[…]

Già nel XI secolo gli zanj, secondo il grande storico arabo al-Tabari, erano impiegati in gruppi tra le cinquecento e le cinquemila unità nelle saline dell’Iraq del sud. Al-Tabari osservò che le loro condizioni erano “terribili” e che erano letteralmente inchiodati lì sotto, senza speranza e senza casa. Il loro premio consisteva in “una manciata di pasti”. Le loro condizioni miserabili portarono a diverse ribellioni, la più feroce di queste durò per quindici anni dall’868 al 883.

Un testimone oculare del XIX secono descrisse le condizioni degli schiavi nelle regioni del Golfo Persico come “una cosa terribile”, continuò dicendo che “forse la parte peggiore dell’intera cosa è l’immersione per le perle”. Venivano scelti i maschi più forti per il compito.

E prima dell’immersione per le ostriche perlifere veniva messa una molletta sui loro nasi per prevenire il respiro. Poi si tuffavano dalla barca, armati di martello e un cestino leggero e una volta in superficie passavano le ostriche alla barca e dopo una boccata d’aria sono mandati nuovamente sotto. Se non hanno successo nel pescare un certo numero di ostriche vengono severamente picchiati. In breve tempo i loro polmoni iniziano a cedere e poi per loro è tutto finito.

Un testimone oculare del XX secolo descrive la stessa situazione come una “cosa repulsiva e terribile. Uomini e donne vivono allo stesso livello degli animali. Per loro si spende il meno possibile, sono considerati come semplici pezzi di equipaggiamento per la ricerca delle perle.” E' stato inoltre sottolineato che gli schiavi in Nord Africa in generale e in Egitto in particolare lavoravano nudi con razioni da fame e in condizioni climatiche insopportabili, come risultato morivano in centinaia, se non migliaia.

All’interno della stessa Africa tropicale, gli stati e comunità islamiche usarono gli schiavi estensivamente nella produzione agricola contadina e su larga scala. La condizione degli schiavi in queste comunità islamiche era tutto tranne che mite. Nel 1820, Rene Callié riportò numerose piantagioni basate sugli schiavi nella regione del Senegal dove gli schiavi vivevano in molti piccoli villaggi di schiavi. Callié accompagnò uno dei suoi ospiti islamici alla sua piantagione di riso e descrisse le condizioni dei lavoratori schiavi con le seguenti parole: “I poveri schiavi lavorano interamente nudi, esposti al calore del sole cocente. La presenza dei loro padroni li intimidisce e la paura delle punizioni accelera il loro lavoro… le donne, che hanno poche vesti, hanno i loro figli legati sulla schiena.” Riportando sulle massicce diserzioni di schiavi maraka avvenute tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, un amministratore francese nota: “se i maraka avessero trattato i loro schiavi con minore avarizia verso il cibo (razioni) e con più umanità nelle loro relazioni consuetudinarie, allora le fughe sarebbero state meno frequenti.”

A Zanzibar si sa bene che gli schiavi che avanzavano in età o si ammalavano e che non avevano nessun valore economico erano lasciati ad arrangiarsi e molti di loro finirono in miseria e a morire di fame. Alcuni vennero brutalmente uccisi e il loro corpi buttati sulla costa.

The Legacy of Arab-Islam in Africa, John Alembililah-Azumah

Il messaggero di Allah disse: Allah creò Adamo quando doveva crearlo e colpì la sua spalla destra e ne uscì una progenie bianca come se fossero formiche bianche. Gli colpì la spalla sinistra e ne uscì una progenie nera come se fosse carbone. Poi disse da destra: Per il Paradiso e non mi dispiace. Poi disse a quelli della spalla sinistra: Sono per l'Inferno e non mi dispiace.

Hadith Al-Tirmidhi, Muhammad al-Tirmidhi

Il mito di un paradiso islamico per le persone nere non è nulla di più di una totale BUGIA.​
 

Al Jilwah: Chapter IV

"It is my desire that all my followers unite in a bond of unity, lest those who are without prevail against them." - Satan

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