SaqqaraNox
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Damascius
DAMASCIO
Filosofo
Damascio (ca. 462 – 538 E.V.) fu un filosofo neoplatonico, spesso ricordato come “l’ultimo dei neoplatonici ateniesi”. Dedicò gran parte della sua vita alla conservazione e alla rifondazione del neoplatonismo e delle tradizioni filosofiche pagane, specialmente in un’epoca in cui il cristianesimo stava guadagnando predominanza. Dopo aver iniziato i suoi studi nella retorica per poi passare definitivamente alla filosofia, Damascio divenne una figura centrale nella difesa dell’eredità intellettuale e spirituale del mondo antico. Considerato (tradizionalmente) l’ultimo filosofo nella “Catena d’Oro” dei pensatori neoplatonici successivi a Giamblico, cercò di portare avanti la fiaccola dell’illuminazione neoplatonica in un mondo sempre più cristianizzato. Questo lavoro esplorerà le origini e il carattere di Damascio, la sua carriera intellettuale nonostante la costante persecuzione, le sue conquiste filosofiche e l’impatto duraturo dei suoi insegnamenti sul pensiero spirituale accademico.
IL GIOVANE FILOSOFO
Damascio, come suggerisce il suo nome, nacque a Damasco nei primi anni del 460. All’epoca, Damasco era una metropoli fiorente e sofisticata, situata poco lontano dal Mediterraneo, nel deserto orientale. La città mescolava tradizioni aramaiche, nabatee ed elleniche, un sincretismo che si rifletteva nello stesso Damascio: nel suo desiderio di libertà intellettuale, nel suo attaccamento alla patria aramaica dove si sarebbe infine stabilito, e nella sua padronanza del platonismo. Intorno ai vent’anni, Damascio lasciò la sua città natale per Alessandria, dove studiò retorica presso la rinomata scuola di Orapollo, un’istituzione d’élite aperta sia a cristiani che a pagani. Durante il suo soggiorno lì, Damascio incontrò numerosi filosofi, tra cui il suo futuro maestro Isidoro, che già allora impressionava i suoi discepoli con i suoi doni spirituali.
All’inizio degli anni 480, le tensioni tra pagani e cristiani all’interno della scuola iniziarono a intensificarsi, in particolare dopo la rivolta di Illo contro l’imperatore Zenone (484–488) e lo scandalo religioso, così come percepito dai cristiani, che coinvolgeva la Signora Iside (Astarte). Questo conflitto portò i cristiani a compiere un grave sacrilegio contro la Signora Iside, seguito da una campagna anti-pagana che finì per attirare l’attenzione di un inviato imperiale da Costantinopoli, Nicomede, incaricato di indagare sulla scuola per il suo paganesimo. Orapollo fu arrestato, torturato e costretto a convertirsi al cristianesimo; fu dopo questi eventi che Damascio e Isidoro decisero di partire per Atene, dove la libertà religiosa sembrava ancora prosperare.
Damascio e Isidoro viaggiarono per un totale di otto mesi, ed è proprio durante questo periodo che Damascio abbracciò pienamente la tradizione filosofica, abbandonando la retorica. Circa venticinque anni dopo, Damascio rifletté sulle sue precedenti opinioni riguardo alla retorica nella sua Storia filosofica, scrivendo: “Quanto era perniciosa l’attività retorica, che concentrava tutta la mia attenzione sulla bocca e sulla lingua, distogliendomi dall’anima e dalle beatifiche lezioni divine che purificano…”. La conversione di Damascio fu causata da una serie di esperienze. Una tappa particolarmente significativa fu nella città di Bostra, dove furono accolti dal filosofo aristotelico Dorus, che mostrò loro numerosi luoghi sacri dell’Hauran. Tra questi vi erano le acque dello Stige nella valle superiore dello Yarmuk, che riempirono Damascio di un timore religioso profondo. Inoltre, Damascio assistette alla conversione di Dorus alla sapienza elevata di Platone grazie a Isidoro. Alla fine, Dorus abbandonò la propria dimora e partì con i due uomini per continuare il viaggio.
A rafforzare ulteriormente la validità della decisione di Damascius di dedicarsi alla filosofia, i tre uomini giunsero ad Afrodisia, dove furono accolti da Asclepiodoto, il precedente mentore di Isidoro. Asclepiodoto li condusse in numerose escursioni nei dintorni di Afrodisia e persino fino a Ierapolis. I tre tornavano spesso con racconti di esperienze miracolose. Dopo ulteriori pellegrinaggi pagani attraverso Efeso, Samo e il Pireo, Damascio e i suoi compagni giunsero infine ad Atene. Accettato come studente presso l’Accademia di Atene — che all’epoca era uno dei principali centri neoplatonici — Damascio salì rapidamente alla ribalta e assunse la successione platonica come capo della scuola (diadoche) attorno al 515 (forse già dal 500).
DIADOCHOS
Damascio, durante il suo incarico come diadochos, riformò completamente l’accademia sia a livello istituzionale che scolastico. Le riforme erano ispirate dal desiderio che l’Accademia (la quale si era deteriorata da diversi anni) tornasse agli insegnamenti dei suoi fondatori, Platone e il suo secondo fondatore Giamblico. Con il tempo, riunì i più grandi filosofi di tutto il mondo ellenico e desiderava che la filosofia fosse trasmessa ai pochi migliori, e il culto del sacro a tutti. Atene tornò a essere il centro teologico e filosofico, e la sua influenza fu tanto forte che, nel 529, un decreto imperiale dell’imperatore Giustiniano ordinò la sospensione immediata di ogni attività pagana.
Rovine di Ctesifonte
Sebbene Damascio non fosse estraneo alla persecuzione cristiana, riconobbe che era necessario trasferirsi. Insieme ad altri sei filosofi, si diresse a Ctesifonte, sperando che il re persiano, Khosrow (Chosroes), fosse più tollerante verso le antiche vie. In effetti, Khosrow accolse questi uomini saggi, ma presto divenne chiaro a Damascio che Ctesifonte non era il rifugio ideale che avevano sperato. I filosofi decisero quindi di recarsi a Harran, ma non prima che Damascio persuadesse il re persiano a includere una clausola nel trattato di “Pace eterna” con Giustiniano, garantendo loro la libertà religiosa per il resto della loro vita. Harran, protetta dall’autorità persiana, è ritenuta il luogo dove Damascio e gli altri potrebbero aver rifondato l’Accademia, specialmente considerando le prove del suo clima pagano che perdurò fino al IX o all’XI secolo. Fu ad Harran (con opinioni divergenti), nella sua terra natale, la Siria, che Damascio morì, vivendo serenamente fino alla fine dei suoi giorni.
Ora che è stata presentata una breve descrizione della sua vita dall'inizio alla fine, è necessario approfondire ulteriormente il carattere di Damascio, facendo riferimento in particolare alla sua opera principale, Storia Filosofica.
Quest’opera è unica in quanto svolge una triplice funzione: storica, filosofica e idealistica. Affronta un’ampia gamma di temi e, proprio come la Repubblica di Platone, cerca di definire il filosofo ideale in relazione alla sua natura tripartita. Damascio non si limita a offrire resoconti storici su vari filosofi ed eventi, ma propone anche critiche ai suoi predecessori, in particolare a Proclo. Critica molti degli uomini che incontrò nella sua vita o di cui era a conoscenza. Per esempio, scrive:
Allo stesso modo, Simplicio, allievo di Damascio, osserva che Damascio seguì ossessivamente la tradizione precedente a Siriano e Proclo, proseguendo la via di Giamblico in modo ancora più rigido di quanto fecero Siriano e Proclo:
Come già menzionato, quando Damascio divenne diadochus (successore), riformò l'Accademia. Parte di questa riforma includeva la sua confutazione dell’interpretazione di Proclo, che Damascio riteneva trascurasse la vera dottrina platonica. Assunse così la responsabilità, in quanto erede spirituale, di riabilitare gli autentici insegnamenti di Giamblico.
Damascio, com’era prevedibile, nutriva un profondo disprezzo per il Cristianesimo e i suoi seguaci. Era particolarmente critico verso coloro che si erano convertiti, vedendo in loro chi aveva abbandonato il vero cammino filosofico. Onorava invece profondamente coloro che, anche sotto minaccia di tortura, rimanevano saldi nelle proprie convinzioni, come suo figlio, che “fu battuto con le verghe ma non proferì parola”. Allo stesso modo, Damascio espresse un giudizio altrettanto duro verso un eremita filosofo che si rifiutava di combattere, interpretando tale passività come una debolezza:
Chiaramente, Damascio non fu soltanto un uomo di teoria, ma anche d’azione. Ciò è evidente nel suo atteggiamento riguardo a come persino gli uomini spirituali dovrebbero comportarsi.
Considerando tutto, Damascio fu una figura unica e influente nella storia della filosofia, meritando il titolo di “Ultimo filosofo neoplatonico ateniese”. Rimase fermo nel suo impegno verso ciò che riteneva vero e sacro, servendo da modello per i filosofi futuri, così come egli stesso guardava a Platone e a Giamblico per ispirazione. Alcune delle sue opere sono sopravvissute fino a oggi, conservando le sue intuizioni filosofiche. Nonostante abbia affrontato l’avanzare di sfide religiose e intellettuali, perseverò e lasciò un’impronta duratura nel corso della storia. Che la sua eredità possa continuare a essere ricordata e rispettata per le generazioni a venire.
BIBLIOGRAFIA
¹ Philosophical History, Damascius
Storia filosofica, Damascio
² Commentary on Aristotle’s On the Heavens, Simplicius of Cilicia
Athanassiadi, Polymnia, DAMASCIUS THE PHILOSOPHICAL HISTORY. Apamea Cultural Association, 1999.
Athanasiadi, Polymnia, Persecution and Response in Late Paganism: The Evidence of Damascius. The Journal of Hellenic Studies, 1993.
Damascius, Problems and Solutions Concerning First Principles, trans. Sara Ahbel-Rappe. Oxford University Press, 2010.
Damascio, Intorno ai primi principi
CREDITO:
Goldenxchild
DAMASCIO
Filosofo

Damascio (ca. 462 – 538 E.V.) fu un filosofo neoplatonico, spesso ricordato come “l’ultimo dei neoplatonici ateniesi”. Dedicò gran parte della sua vita alla conservazione e alla rifondazione del neoplatonismo e delle tradizioni filosofiche pagane, specialmente in un’epoca in cui il cristianesimo stava guadagnando predominanza. Dopo aver iniziato i suoi studi nella retorica per poi passare definitivamente alla filosofia, Damascio divenne una figura centrale nella difesa dell’eredità intellettuale e spirituale del mondo antico. Considerato (tradizionalmente) l’ultimo filosofo nella “Catena d’Oro” dei pensatori neoplatonici successivi a Giamblico, cercò di portare avanti la fiaccola dell’illuminazione neoplatonica in un mondo sempre più cristianizzato. Questo lavoro esplorerà le origini e il carattere di Damascio, la sua carriera intellettuale nonostante la costante persecuzione, le sue conquiste filosofiche e l’impatto duraturo dei suoi insegnamenti sul pensiero spirituale accademico.
IL GIOVANE FILOSOFO
Damascio, come suggerisce il suo nome, nacque a Damasco nei primi anni del 460. All’epoca, Damasco era una metropoli fiorente e sofisticata, situata poco lontano dal Mediterraneo, nel deserto orientale. La città mescolava tradizioni aramaiche, nabatee ed elleniche, un sincretismo che si rifletteva nello stesso Damascio: nel suo desiderio di libertà intellettuale, nel suo attaccamento alla patria aramaica dove si sarebbe infine stabilito, e nella sua padronanza del platonismo. Intorno ai vent’anni, Damascio lasciò la sua città natale per Alessandria, dove studiò retorica presso la rinomata scuola di Orapollo, un’istituzione d’élite aperta sia a cristiani che a pagani. Durante il suo soggiorno lì, Damascio incontrò numerosi filosofi, tra cui il suo futuro maestro Isidoro, che già allora impressionava i suoi discepoli con i suoi doni spirituali.
All’inizio degli anni 480, le tensioni tra pagani e cristiani all’interno della scuola iniziarono a intensificarsi, in particolare dopo la rivolta di Illo contro l’imperatore Zenone (484–488) e lo scandalo religioso, così come percepito dai cristiani, che coinvolgeva la Signora Iside (Astarte). Questo conflitto portò i cristiani a compiere un grave sacrilegio contro la Signora Iside, seguito da una campagna anti-pagana che finì per attirare l’attenzione di un inviato imperiale da Costantinopoli, Nicomede, incaricato di indagare sulla scuola per il suo paganesimo. Orapollo fu arrestato, torturato e costretto a convertirsi al cristianesimo; fu dopo questi eventi che Damascio e Isidoro decisero di partire per Atene, dove la libertà religiosa sembrava ancora prosperare.
Damascio e Isidoro viaggiarono per un totale di otto mesi, ed è proprio durante questo periodo che Damascio abbracciò pienamente la tradizione filosofica, abbandonando la retorica. Circa venticinque anni dopo, Damascio rifletté sulle sue precedenti opinioni riguardo alla retorica nella sua Storia filosofica, scrivendo: “Quanto era perniciosa l’attività retorica, che concentrava tutta la mia attenzione sulla bocca e sulla lingua, distogliendomi dall’anima e dalle beatifiche lezioni divine che purificano…”. La conversione di Damascio fu causata da una serie di esperienze. Una tappa particolarmente significativa fu nella città di Bostra, dove furono accolti dal filosofo aristotelico Dorus, che mostrò loro numerosi luoghi sacri dell’Hauran. Tra questi vi erano le acque dello Stige nella valle superiore dello Yarmuk, che riempirono Damascio di un timore religioso profondo. Inoltre, Damascio assistette alla conversione di Dorus alla sapienza elevata di Platone grazie a Isidoro. Alla fine, Dorus abbandonò la propria dimora e partì con i due uomini per continuare il viaggio.
A rafforzare ulteriormente la validità della decisione di Damascius di dedicarsi alla filosofia, i tre uomini giunsero ad Afrodisia, dove furono accolti da Asclepiodoto, il precedente mentore di Isidoro. Asclepiodoto li condusse in numerose escursioni nei dintorni di Afrodisia e persino fino a Ierapolis. I tre tornavano spesso con racconti di esperienze miracolose. Dopo ulteriori pellegrinaggi pagani attraverso Efeso, Samo e il Pireo, Damascio e i suoi compagni giunsero infine ad Atene. Accettato come studente presso l’Accademia di Atene — che all’epoca era uno dei principali centri neoplatonici — Damascio salì rapidamente alla ribalta e assunse la successione platonica come capo della scuola (diadoche) attorno al 515 (forse già dal 500).
DIADOCHOS
Damascio, durante il suo incarico come diadochos, riformò completamente l’accademia sia a livello istituzionale che scolastico. Le riforme erano ispirate dal desiderio che l’Accademia (la quale si era deteriorata da diversi anni) tornasse agli insegnamenti dei suoi fondatori, Platone e il suo secondo fondatore Giamblico. Con il tempo, riunì i più grandi filosofi di tutto il mondo ellenico e desiderava che la filosofia fosse trasmessa ai pochi migliori, e il culto del sacro a tutti. Atene tornò a essere il centro teologico e filosofico, e la sua influenza fu tanto forte che, nel 529, un decreto imperiale dell’imperatore Giustiniano ordinò la sospensione immediata di ogni attività pagana.

Rovine di Ctesifonte
Sebbene Damascio non fosse estraneo alla persecuzione cristiana, riconobbe che era necessario trasferirsi. Insieme ad altri sei filosofi, si diresse a Ctesifonte, sperando che il re persiano, Khosrow (Chosroes), fosse più tollerante verso le antiche vie. In effetti, Khosrow accolse questi uomini saggi, ma presto divenne chiaro a Damascio che Ctesifonte non era il rifugio ideale che avevano sperato. I filosofi decisero quindi di recarsi a Harran, ma non prima che Damascio persuadesse il re persiano a includere una clausola nel trattato di “Pace eterna” con Giustiniano, garantendo loro la libertà religiosa per il resto della loro vita. Harran, protetta dall’autorità persiana, è ritenuta il luogo dove Damascio e gli altri potrebbero aver rifondato l’Accademia, specialmente considerando le prove del suo clima pagano che perdurò fino al IX o all’XI secolo. Fu ad Harran (con opinioni divergenti), nella sua terra natale, la Siria, che Damascio morì, vivendo serenamente fino alla fine dei suoi giorni.
Ora che è stata presentata una breve descrizione della sua vita dall'inizio alla fine, è necessario approfondire ulteriormente il carattere di Damascio, facendo riferimento in particolare alla sua opera principale, Storia Filosofica.
Quest’opera è unica in quanto svolge una triplice funzione: storica, filosofica e idealistica. Affronta un’ampia gamma di temi e, proprio come la Repubblica di Platone, cerca di definire il filosofo ideale in relazione alla sua natura tripartita. Damascio non si limita a offrire resoconti storici su vari filosofi ed eventi, ma propone anche critiche ai suoi predecessori, in particolare a Proclo. Critica molti degli uomini che incontrò nella sua vita o di cui era a conoscenza. Per esempio, scrive:
Mi è capitato di incontrare alcuni che esteriormente appaiono splendidi filosofi, per la moltitudine di opinioni custodite nella loro ricca memoria; per la mirabile rapidità dei loro astuti sillogismi; per l'assidua ostentazione della loro straordinaria capacità di percezione; eppure, interiormente, nelle cose dell’anima, sono poveri e privi di vera conoscenza. ¹
Allo stesso modo, Simplicio, allievo di Damascio, osserva che Damascio seguì ossessivamente la tradizione precedente a Siriano e Proclo, proseguendo la via di Giamblico in modo ancora più rigido di quanto fecero Siriano e Proclo:
Asclepiodoto, il migliore tra gli allievi di Proclo, e il nostro Damascio. Il primo si compiaceva delle idee nuove grazie alla sua straordinaria intelligenza; quanto a Damascio, non esitava a opporsi a molte dottrine di Proclo, per il suo gusto del rigore e anche per la sua stima verso le teorie di Giamblico. ²
Come già menzionato, quando Damascio divenne diadochus (successore), riformò l'Accademia. Parte di questa riforma includeva la sua confutazione dell’interpretazione di Proclo, che Damascio riteneva trascurasse la vera dottrina platonica. Assunse così la responsabilità, in quanto erede spirituale, di riabilitare gli autentici insegnamenti di Giamblico.
Damascio, com’era prevedibile, nutriva un profondo disprezzo per il Cristianesimo e i suoi seguaci. Era particolarmente critico verso coloro che si erano convertiti, vedendo in loro chi aveva abbandonato il vero cammino filosofico. Onorava invece profondamente coloro che, anche sotto minaccia di tortura, rimanevano saldi nelle proprie convinzioni, come suo figlio, che “fu battuto con le verghe ma non proferì parola”. Allo stesso modo, Damascio espresse un giudizio altrettanto duro verso un eremita filosofo che si rifiutava di combattere, interpretando tale passività come una debolezza:
Gli uomini tendono a chiamare virtù una vita di inattività, ma non condivido questo punto di vista. La virtù che si esercita nel pieno della vita pubblica, attraverso l’attività politica e il discorso, rafforza l’anima e consolida con l’esercizio ciò che è sano e perfetto, mentre l’elemento impuro e falso che si annida nella vita umana viene pienamente smascherato e più facilmente indirizzato verso il miglioramento. In effetti, la politica offre ampie possibilità per compiere il bene e l’utile; nonché per il coraggio e la fermezza. Ecco perché i dotti, che stanno seduti nel loro angolo a filosofare a lungo e con enfasi su giustizia e moderazione, si coprono di vergogna quando sono costretti ad agire. Privato dell’azione, ogni discorso risulta vano e privo di sostanza.
Chiaramente, Damascio non fu soltanto un uomo di teoria, ma anche d’azione. Ciò è evidente nel suo atteggiamento riguardo a come persino gli uomini spirituali dovrebbero comportarsi.
Considerando tutto, Damascio fu una figura unica e influente nella storia della filosofia, meritando il titolo di “Ultimo filosofo neoplatonico ateniese”. Rimase fermo nel suo impegno verso ciò che riteneva vero e sacro, servendo da modello per i filosofi futuri, così come egli stesso guardava a Platone e a Giamblico per ispirazione. Alcune delle sue opere sono sopravvissute fino a oggi, conservando le sue intuizioni filosofiche. Nonostante abbia affrontato l’avanzare di sfide religiose e intellettuali, perseverò e lasciò un’impronta duratura nel corso della storia. Che la sua eredità possa continuare a essere ricordata e rispettata per le generazioni a venire.
BIBLIOGRAFIA
¹ Philosophical History, Damascius
Storia filosofica, Damascio
² Commentary on Aristotle’s On the Heavens, Simplicius of Cilicia
Athanassiadi, Polymnia, DAMASCIUS THE PHILOSOPHICAL HISTORY. Apamea Cultural Association, 1999.
Athanasiadi, Polymnia, Persecution and Response in Late Paganism: The Evidence of Damascius. The Journal of Hellenic Studies, 1993.
Damascius, Problems and Solutions Concerning First Principles, trans. Sara Ahbel-Rappe. Oxford University Press, 2010.
Damascio, Intorno ai primi principi
CREDITO:
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