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[Trad] Sezione degli Dèi

SaqqaraNox

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Oct 9, 2021
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Gods' Section [July 30th: Maat & Anubis]
TG Karnonnos
30 luglio 2025


Sezione degli Dèi

Saluti a tutti. Pubblicherò in questo thread tutta la sezione aggiornata degli Dèi e dei Dèmoni, inclusi i Rituali degli Dèi meno recenti rilasciati prima del mio incarico, insieme ad articoli aggiornati con nuove informazioni (come le carte dei Tarocchi relative a Khnum, Asclepio, Forcas, ecc.). Il titolo verrà aggiornato con ogni nuova aggiunta.


(Nota mia: le traduzioni degli scritti del Guardiano sugli Dèi Anubis e Maat verranno pubblicate al più presto di seguito)
 
Maat
Guardiano del TdZ Karnonnos


Maat è la Dea egizia dell’ordine, della legge, dell’armonia, dell’equilibrio e della verità. Fu una delle Divinità più centrali del pantheon egizio e possedeva una simbologia di vasta portata, evocata in ogni ambito della società della grande civiltà del Nilo. Era considerata rappresentazione divina dell’intero sistema giuridico, ma anche ordinatrice delle stagioni, dei moti stellari e di altri aspetti incisi nella stessa trama della natura.

Al centro della legge egizia vi era Maat, il termine multiforme che racchiudeva giustizia, verità, ordine ed equilibrio. Maat non era soltanto un ideale etico, ma un principio divino che garantiva il funzionamento dell’universo. Si diceva che i Faraoni “agissero secondo Maat” e “vivessero secondo Maat”, e la Dea che porta questo nome appare nei rilievi templari, nelle iscrizioni sepolcrali e nei contesti giuridici come simbolo vivente di tutto ciò che essa abbracciava.

(Maat) era il principio del retto ordine secondo cui vivevano gli Dèi, e che gli uomini riconoscevano come necessario sulla Terra e incombente sopra di essi.
M. Lichtheim

Secondo la cosmologia egizia, la Dea Maat esisteva sin dall’inizio dei tempi, istituita dal Dio Creatore (Atum, o più spesso Ra) per assicurare che l’universo funzionasse in modo armonico. Essa rappresentava l’ordine naturale che teneva a distanza il caos (izfet). Nel mito cosmogonico dell’Enneade eliopolitana, Maat era implicitamente presente come il principio che strutturava il mondo dopo il caos primordiale del Nun.

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Maat era strettamente legata al Dio Sole Ra e spesso veniva descritta come Sua figlia. Ella accompagnava Ra sulla Sua barca solare durante il viaggio attraverso il cielo e l’oltretomba, proteggendolo dal serpente del caos Apophis. In questo ruolo si metteva in luce la sua funzione di custode di ogni ordine morale, e le raffigurazioni ramessidi mostrano spesso il Dio Solare nell’atto di tenere la piuma della Figlia.

L’idea evocava l’ordine cosmico in una forma più astratta. Agli occhi degli egizi, Maat governava i meccanismi dei cambiamenti delle stagioni, il moto degli astri e le condizioni dell’aria. La teologia del Nuovo Regno presentava Maat come il principio ordinatore che accompagnava il Sole, da cui la sua figura minuta ma essenziale sulle barche dell’oltretomba.

Maat fu una delle Dee più visibili nelle cerimonie pubbliche. La sua iconografia divenne preminente nell’epoca successiva a Horemheb e raggiunse l’apice della notorietà durante i faraoni ramessidi, quando l’Egitto si stava riprendendo dalle empie politiche di Akhenaton. La sua immagine rimase adattabile lungo tutto il corso della civiltà egizia.

Non sorprende, forse, che le scene in cui ella è raffigurata ricorrano spesso in contesti regali, come il Tempio di Seti I e la corte di Thutmose I. L’iconografia del Nuovo Regno che impiega il suo simbolismo per rafforzare l’ordine è manifesta e chiaramente intenzionale. L’ampliamento del Tempio di Ramses III a Karnak presenta la Dea in molte scene frontali nella Prima Corte. Inoltre, le tombe di Merenptah, Seti I, Twosret, Ramses III, Ramses IV, Ramses VI, Ramses VII, Ramses IX e Sheshonq III ne recano l’iconografia.

Un aspetto sottile di Maat era la relativa passività e riverenza della Dea nei confronti dell’ordine su cui Ella presiedeva. Maat era rappresentata nella cerimonia della Pesatura del Cuore. Era inoltre spesso raffigurata nell’atto di collegare gli Dèi o il faraone al destinatario di un rituale. Nell’Amduat e nel Libro delle Porte, dipinti sulle pareti delle tombe reali, una piccola Maat, in piedi o seduta, cavalca a prua oppure precede la barca di Ra, garantendo l’ordine cosmico anche nel viaggio notturno.

Maat, insieme a Thot e Seshat, era annoverata tra le Divinità principali degli scribi (sesh) in Egitto.

Nelle questioni quotidiane, l’Egitto era governato da consuetudini di natura giuridica. Gli scribi erano fondamentali. Gli aspetti minori della legge, al di là della legge capitale e della legge del faraone, non erano identici ai sistemi giuridici moderni. Le controversie a livello locale venivano regolate mediante arbitrato, in base alle circostanze degli individui coinvolti. Ai tribunali superiori, dotati di codici di legge centrali o capitali sotto la supervisione del Visir, si poteva ricorrere qualora il giudizio di questi arbitrati minori non fosse ritenuto soddisfacente dal querelante.

La legge veniva trascritta meticolosamente dalla burocrazia egizia molto prima che gli scribi della Cina e le società europee dell’età moderna iniziassero a farlo. Sono sopravvissuti migliaia di documenti giuridici, molti dei quali provenienti dal villaggio di Deir el-Medina, dove gli operai conservavano contratti dettagliati e registri dei processi; il Papiro Wilbour, che inventaria terre e obblighi fiscali; i Papiri Abbott e Amherst, che descrivono indagini su furti di tombe; insieme a numerosi documenti di matrimonio, divorzio e adozione risalenti al Periodo Tardo e all’epoca tolemaica.

Gli scribi garantivano anche che non si verificassero abusi di potere e divennero importanti intermediari tra le classi che erano in comunicazione con i tribunali centrali di giustizia. In un certo senso, lo scriba e la parola scritta divennero il “collante” tra le diverse classi dell’Egitto.

L’identificazione della Dea della giustizia con il sistema legale era tale che il più alto giudice laico dell’Egitto era il Visir, designato formalmente come Sacerdote di Maat.

I giudici erano inoltre adornati con la piuma di struzzo. Il giudice della Corte Suprema era lo stesso Faraone, il quale giurava anch’egli di mantenere Maat, ma ne delegava la responsabilità.

Nella sua Biblioteca Storica (Libro I), Diodoro Siculo offrì una descrizione articolata delle pratiche giudiziarie egiziane così come esistevano in epoca romana. Scrisse che, prima dell’inizio di una sessione di tribunale, il giudice supremo indossava una catena d’oro da cui pendeva una piccola figura scolpita in pietra preziosa, chiamata Verità. I processi avevano inizio solo dopo che il giudice aveva indossato questo emblema della Dea, a significare che la giustizia doveva essere amministrata unicamente alla presenza del potere di Maat.

ἐφόρει δ᾿ οὗτος περὶ τὸν τράχηλον ἐκ χρυσῆς ἁλύσεως ἠρτημένον ζῴδιον τῶν πολυτελῶν λίθων, ὃ προσηγόρευον Ἀλήθειαν. τῶν δ᾿ ἀμφισβητήσεων ἤρχοντο ἐπειδὰν τὴν τῆς Ἀληθείας εἰκόνα ὁ ἀρχιδικαστὴς πρόσθοιτο. τῶν δὲ πάντων νόμων ἐν βιβλίοις ὀκτὼ γεγραμμένων…

ἀμφοτέρων δὲ τῶν ἀντιδίκων τὰ γεγραμμένα δὶς τοῖς δικασταῖς δόντων, τὸ τηνικαῦτ᾿ ἔδει τοὺς μὲν τριάκοντα τὰς γνώμας ἐν ἀλλήλοις ἀποφαίνεσθαι, τὸν ἀρχιδικαστὴν δὲ τὸ ζῴδιον τῆς Ἀληθείας προστίθεσθαι τῇ ἑτέρᾳ τῶν ἀμφισβητήσεων.

Il (giudice supremo) portava regolarmente sospesa al collo, mediante una catena d’oro, una piccola immagine scolpita in pietre preziose, che essi chiamavano Verità (Maat); le udienze delle cause avevano inizio ogni volta che il giudice supremo indossava l’immagine della Verità. L’intero corpo delle leggi era trascritto in otto volumi, che giacevano dinanzi ai giudici…

E quando entrambi i contendenti avevano consegnato dichiarazioni scritte ai giudici in duplice copia, era allora richiesto che i Trenta esprimessero tra loro le rispettive opinioni, e che il giudice supremo aggiungesse l’immagine della Verità a una delle due parti in causa.
Capitolo 75, Libro I, Biblioteca Storica, Diodoro Siculo


SIMBOLISMO DI MAAT


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Maat è generalmente raffigurata come una giovane donna idealizzata, che indossa un’unica piuma di struzzo fissata a un copricapo. Le rappresentazioni tombali la mostrano con la piuma in mano quando agisce come emissaria della giustizia. Anche altre Dee, come Iside o Nefthys, potevano essere raffigurate mentre reggono la piuma.

Uno dei principali simbolismi della piuma riguarda la proiezione astrale e la levità del Chakra centrale, insieme alla leggerezza dell’anima dopo l’abbandono del corpo fisico. La Dea è una delle sovrane principali di questa parte dell’anima; i suoi poteri sono appena compresi.

La piuma evoca la leggerezza e la grazia della Verità. Poiché è così leggera, può essere spinta ovunque. Essa rimanda anche alla piuma di pellicano di Thot. La conoscenza è uno dei molti strumenti della Verità. Sia Maat che Shu erano simboleggiati dalla sola piuma, e il suo nome in egiziano era shut.

L’uomo che rende giustizia a tutti era rappresentato dalla piuma di struzzo; poiché quell’uccello, a differenza degli altri, ha tutte le piume uguali.
Geroglifici, Orapollo

Proprio come nella lingua inglese, dove una curiosa convergenza del termine “light” ha dato luogo sia al concetto di leggerezza sia a quello della luce, anche nel mistero egizio le due idee condividevano un simbolismo sovrapposto. Maat era vista come una Dea del prisma di luce, che rappresentativamente disperdeva ogni oscurità e ignoranza.

In quanto simbolo di resurrezione, le uova di struzzo sono state rinvenute in tombe dell’antico Egitto e della Nubia come una forma di offerta funeraria. Si credeva che i gusci delle uova di struzzo fornissero nutrimento al defunto e simboleggiassero così la resurrezione e la vita eterna — una credenza che si riscontra anche nelle sepolture musulmane.
- Ostrich Egg and its Symbolic Meaning in the Ancient Egyptian Monastery Churches, Dr.ssa Sara El Sayed Kitat

Spesso, ella è raffigurata con due ali, in modo simile a Iside.

Scene in cui il faraone offre una piccola statuetta di Maat ad altri Dèi sono estremamente comuni e proliferano nell’iconografia sacra fino alla fine del periodo romano. Questo tipo di simbolismo alludeva al fatto che il sovrano d’Egitto dimostrava di mantenere viva la Verità e la custodia delle Leggi nel proprio regno.

Maat è spesso assimilata, per aspetto, a Tefnut, che rappresenta il principio creativo nella formazione del mondo. In tale veste, ella è raffigurata come il fratello di Shu, un Dio strettamente connesso a Maat e ad Anubis. Nella sua forma consueta, è considerata la madre di Seshat. È simbolicamente rappresentata come la sposa di Thot, benché ciò non sia vero della Dea in sé.


MAAT COME CONCETTO

Maat, come concetto, era considerata il motore della civiltà egizia e negli scritti egiziani la ragione stessa dell’esistenza della civiltà era quella di promuovere un mondo di Maat continuamente affinato ed evolutivo, che spingesse gli individui verso il Divino, in contrasto con la brutalità della natura inferiore.

Di conseguenza, il meccanismo di Maat incarnava un progressivo allineamento con gli Dèi, per coloro che erano scelti a tale fine.

La cerimonia della Pesatura del Cuore era il fulcro del ruolo di Maat nella comprensione egizia. Nel Rituale, il cuore (ib) dell’individuo sottoposto al giudizio veniva posto su un piatto della bilancia, mentre sull’altro si trovava la piuma di Maat. Osiride era solitamente raffigurato come l’arbitro supremo del processo. Gli Dèi comunemente coinvolti nella valutazione del giudizio erano Maat stessa, Anubis e Thot, ma anche Seshat, Meshqenet e altri. Se il cuore risultava più pesante della piuma, veniva gettato alla bestia divoratrice Ammit.

Maat era spesso rappresentata in un ruolo duale e la sala della Pesatura del Cuore era sovente denominata “la Camera delle Due Dee”. Le ragioni di tale appellativo diventano più chiare quando si esamina come Maat fosse percepita nella civiltà ellenica. Ella era inoltre accompagnata da 42 Giudici e da Divinità minori.

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Come è noto, un aspetto di Maat, in quanto piuma e legge, esemplificava la leggerezza di un’anima incontaminata in contrapposizione all’impurità, ai peccati e alle trasgressioni morali di un individuo. La pesantezza del cuore era legata alla testimonianza di certe verità concernenti questi ambiti della vita, che gli Dèi potevano sempre udire. Il duplice cammino qui rappresentato era analogo ai costumi greci dell’aldilà, come il Tartaro e i Campi Elisi.

Atti abominevoli, ignoranza insondabile, eccessi autodistruttivi e malvagità d’animo potevano rendere il cuore irrimediabilmente pesante. Un cammino di pura distruzione, privo dell’impiego del principio creativo, era il mezzo più rapido per finire nelle fauci di Ammit. In ciò si riflette la stretta associazione di Maat con Iside (Afrodite), in particolare nella virtù dell’Equilibrio.

I testi egiziani e i manuali istruttivi associati alla Dea avvertono ripetutamente sin dalle origini contro l’uso della paura e della violenza eccessiva per controllare altri credenti. Ciò è esplicitamente indicato come un abuso di Maat, che renderà ignoranti coloro sottoposti a tale regime, mettendo in pericolo non solo la propria anima, ma anche quella altrui. La diffusione ingiustificata di paura e ignoranza costituiva un’altra grave trasgressione.

In senso occulto, sul sentiero Zevista, con la purificazione spirituale si diventa via via più leggeri. L’energia comincia a colpire il Chakra della Corona quando i Chakra sono aperti e scorrono senza ostacolo. La sensazione di essere trattenuti, legati e appesantiti si dissolve completamente. Diventa possibile agire nella magia con totale naturalezza. Il senso di leggerezza è simbolico della capacità di attraversare ogni cosa con facilità, e può essere considerato l’opposto dell’essere vincolati o maledetti.

Colui o colei che ha padroneggiato e trasformato la propria anima sarà, a volontà, leggero come una piuma.
Il Tarocco e la Trasformazione Spirituale, Somma Sacerdotessa Maxine Dietrich

Tuttavia, un aspetto di Maat che è scarsamente compreso riguarda un insieme specifico di significati legati all’auto-elevazione e all’apoteosi (il rendersi Dèi). Questi significati sono stati compromessi, poiché molti egittologi hanno incrociato la Pesatura del Cuore con passi che presentano simbolismi simili nella bibbia — lì deformati fino ad assumere un senso palesemente volgare e grossolano. Maat è stata anche equiparata a una concezione distorta e limitata del karma propria dell’induismo moderno, del buddismo e dei movimenti new age.

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Il cuore non era solo indicativo del suo peso in relazione ai peccati, ma dell’integrità dell’organo nell’esprimere la vera identità di sé e nel mantenere l’anima sufficientemente viva da desiderare una corretta incarnazione. Nella cultura moderna, un concetto simile può essere trasmesso sinteticamente con espressioni convenzionali come “seguire il proprio cuore”.

Un individuo i cui impulsi siano completamente controllati da altri, il cui intero percorso di vita consista nella codardia di fronte alla malvagità, e che inoltre metta in pericolo l’ordine della legge non facendo nulla, poteva anch’egli essere considerato un soggetto invischiato nell’izfet e destinato a essere divorato da Ammit — indipendentemente da come possiamo giudicare oggi tale visione.

I testi didattici associati alla Dea, come Il Contadino Eloquente, mostravano il modo corretto di agire e mettevano in guardia dal permettere che ingiustizia o oltraggio passassero inosservati. Il giusto risarcimento era considerato un’iniziativa personale di grande valore.

Un individuo totalmente passivo poteva essere paragonato a un microcosmo di una civiltà profondamente deviata e divenuta anarchica per non aver usato le forze della natura a difesa di ciò che è prezioso. Ogni persona aveva il dovere di sostenere Maat, non solo cercando di astenersi dal commettere ingiustizie, ma anche non sottomettendosi ad esse senza opporsi.

Qui si evidenzia una distinzione importante tra la religione egizia e l’infinita martirologia del cristianesimo e di altre fedi servili.

Il cristianesimo predica passività e dannazione perpetue. Gli sconfitti e i perdenti naturali nella vita sono sempre stati il modello ideale del buon cristiano, e i principali rappresentanti delle nostre civiltà contemporanee predicano ossessivamente l’auto-vittimismo come sommo ideale, mentre l’uso della giustizia per proteggere i veri innocenti viene “inchiodato al muro”, generando una condizione in cui le lamentele autentiche si confondono con il risentimento e la meschinità — al punto che molte persone vengono lacerate da forze opposte. Da ciò è scaturito il caos.

“Quando ti corichi, proteggi il tuo cuore, poiché nessun uomo ha sostenitori nel giorno del dolore”.
Insegnamento del Faraone Amenemhat I

“Non permettere che ti si chiami ‘sciocco’ per il silenzio quando è tempo di parlare”.

...

“C’è chi vive con poco per risparmiare, eppure diventa povero”.
Papiro Insinger, da Late Egyptian Wisdom Literature in the International Context, M. Lichtheim

Tuttavia ciò non si riferiva solo a questo tipo di individuo, ma anche a coloro che conducevano vite piacevoli e incantate, colme di distrazioni — una vita che non nuoceva a nessuno, eppure, in un certo senso, non faceva nulla né per gli Dèi né per sé stessi. Anche questo costituiva una forma di esistenza erronea, se non sottoposta alla prova filosofica e pratica dei margini dell’esperienza.

Soprattutto — al di là degli individui malvagi e illusi del nemico — ciò si applica anche agli asceti dell'induismo, del taoismo e di altre religioni che insegnano il distacco dalla vita, perseguendo soltanto una totale adesione a una spiritualità servile, priva di motore per lo sviluppo. Gli stessi Dèi hanno colpito quei pochi che hanno raggiunto livelli avanzati, mentre predicavano l’odio assoluto per la vita. L’Egitto non adottò mai un approccio misantropico allo sviluppo spirituale: la Terra Nera era una civiltà della vita.

In ciò è presente anche un codice relativo al Chakra centrale, insieme ai due segni di Venere e alle Case mondane ad essi associate, in particolare la Settima Casa. Permettere l’ingresso a “chiunque” significa lasciare che il cuore venga straziato da dozzine di mani bramose e desiderose; ma non permettere l’accesso a nessuno equivale a colmare il cuore di rimpianto e abbandonarlo alla putrefazione. Entrambi i cuori, se afflitti da eccesso o privazione, possono essere divorati da Ammit o gettati nel Lago di Fuoco.

“Il grande Dio chiamato Thoth ha stabilito una bilancia affinché con essa si possa fare giusta misura sulla Terra.

Egli ha posto il cuore, nascosto nella carne, come giusta misura del suo possessore.

Se un saggio non è equilibrato, la sua saggezza non giova.



Non si scopre il cuore di un saggio se non lo si è messo alla prova in una questione”.
Papiro Insinger, da Late Egyptian Wisdom Literature in the International Context, M. Lichtheim

In tutti questi casi, il cuore viene reso leggero. Com'è possibile, quando si è un'incudine che precipita pesantemente nella vita?

La verità è che far volare il cuore comporta un duro lavoro, attivando aspetti del sé in via di sviluppo. Non esistono scorciatoie facili per un simile processo. Parte di questa enfasi sullo sviluppo personale, volto a sostenere il principio della Verità, è il motivo per cui Maat ha come pianeta dominante Marte, fatto che può sembrare insolito a chi conosce l’Astrologia. Gli Dèi mi hanno condotto a passi di Così parlò Zarathustra su questo tema:

Creare — questa è la grande salvezza dal dolore, e il sollievo della vita. Ma affinché appaia il creatore, è necessario il dolore stesso, e una grande trasformazione.

Sì, deve esservi molta morte amara nella vostra vita, o creatori! Così diventate avvocati

e giustificatori di tutto ciò che perisce.

Affinché il creatore stesso possa essere il bambino appena nato, deve anche essere disposto a essere colui che genera, e sopportare le doglie del generare.
Così parlò Zarathustra, Nietzsche

Qui è presente anche il codice del simbolismo di Maat legato al Tre di Coppe, carta che ella condivide con il ricorrente del Giudizio del Cuore, Anubis.

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La carta raffigura tre donne vestite con lunghi abiti che sollevano tre coppe verso il cielo in segno di celebrazione, circondate da piante rigogliose. Questa carta comunica tipicamente conclusioni legate ad amicizie, associazioni e celebrazioni che possono spingere un individuo al livello successivo del proprio sviluppo. Invita le persone a essere consapevoli di tali momenti festosi e a non lasciarsi sopraffare, ma nemmeno a rifiutarli.

Nel simbolismo visivo del Tre di Coppe del mazzo Rider-Waite si cela un codice occulto legato ai tre granthi, o nodi dell’anima, che scorrono senza ostacoli per permettere il fluire dell’energia attraverso i Chakra — un’area dei poteri di Maat menzionata in precedenza. È anche per questo motivo che la carta era conosciuta con il nome di "Sollievo" (Soumisement) ai tempi di Etteilla.

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Non sorprende che la carta degli Arcani Maggiori simbolicamente associata a Maat sia la Giustizia in posizione eretta. La bilancia e la spada sono tenute da una donna incoronata e avvolta in un manto, seduta su un trono tra due colonne. Il colore rosso sangue del suo abito e il velo tra le colonne rappresentano il pianeta dominante di Maat.

Il suo sguardo è totale e sereno. La carta della Giustizia in posizione eretta mostra che ogni azione ha conseguenze e se è stato commesso un torto, sia voi che chi vi ha fatto del male, ne renderete conto. In modo più generico, riguarda tipicamente una situazione in cui dire la verità è necessario, oppure in cui la verità viene rivelata. La carta della Giustizia a volte indica che sarà presa la decisione più equa.

La Giustizia può anche apparire in modo generale al consultante per descrivere alcune attivazioni e sfide legate alla sua missione di vita. La bilancia e la spada indicano che potresti essere in un processo di valutazione o di prova per raggiungere il livello successivo. Può anche significare dover scegliere tra due questioni urgenti che potrebbero avere conseguenze indipendentemente dalle tue intenzioni.

A volte, la Giustizia può semplicemente apparire per ricordare al consultante di non essere troppo esigente se ha fatto poco per meritarselo.


MAAT NEL CONTESTO NEMICO

È inoltre noto che l’usurpatore Akhenaton ha distorto il concetto di Maat per punire i suoi nemici e per formulare un’ideologia da schiavi. Per questo motivo Horemheb e i suoi successori inflissero pene severe per la distorsione del concetto.

Esistevano numerose convenzioni ebraiche per appropriarsi fin dall’inizio dell’idea della bilancia, come la letteratura midrashica, ad esempio il Kohelet Rabbah. La letteratura ebraica collega il giudizio di Maat con Rosh haShanah.

Lo zohar descrive la “Camera del Merito”, custodita da angeli incaricati con “bilance della giustizia”, con i meriti che tirano verso la bilancia destra, i peccatori verso la sinistra, e presieduta da “Mozniya” — una pessima imitazione. Il capo delle bilance ebraiche ha anche due presidenti in emulazione di Maat. Questo passo menziona inoltre la presenza di Ra, Thoth e Maat sul “lato del male”, che “seducono il mondo” e giudicano coloro che “vengono contaminati”.

Tali meccanismi cercano di impedire che i religiosi ebraici siano giudicati allo stesso modo dello “sporco” della terra — i popoli non ebraici.


MAAT NEL CRISTIANESIMO

Con l’avvento del cristianesimo, i riferimenti espliciti a Maat per nome praticamente scompaiono dai testi sopravvissuti, poiché il culto diretto della Dea terminò. Tuttavia, un numero interessante di scritti copti adatta o riecheggia temi che erano prominenti nel culto di Maat, specialmente per quanto riguarda il giudizio nell’aldilà, che presenta anche un parallelo con il concetto emergente nella letteratura rabbinica.

Uno dei più significativi è l’Apocalisse copta di Paolo (parte della biblioteca di Nag Hammadi, IV secolo E.V.), in cui l’apostolo Paolo vive un’ascesa visionaria e, in un momento, incontra una pesatura delle anime. In questo testo, le anime dei morti sono pesate su bilance da una figura divina per determinarne la giustizia — un chiaro parallelo con l’antico “pesare del cuore” davanti a Maat, inserito in un contesto cristiano gnostico.

Un altro esempio si trova nella leggenda di un santo copto successivo, La storia di Butrus l’Asceta, conservata in un sinassario arabo-copto (era medievale). In questa storia, il parsimonioso Butrus ha un sogno del suo giudizio personale, che ricorda la paura ebraica “dell’altro lato”:

Butrus vide una bilancia eretta, e una folla di esseri neri e brutti che portavano i suoi peccati e le sue ingiustizie da mettere nella bilancia a sinistra, e un esercito di angeli splendenti che ponevano le buone azioni nella bilancia a destra.
La storia di Butrus l’Asceta, Sinassario arabo giacobita

Boezio, autore tardo romano e apologeta cristiano, scrisse un’opera intitolata La Consolazione, che riprendeva alcuni temi riguardanti la natura dell’ordine e tentava di ibridare i temi platonici con la chiesa cattolica a cui apparteneva. Quest’opera rappresenta un dialogo immaginario in cui la Filosofia, personificata come una donna (conosciuta come la Signora della Saggezza), sostiene che nonostante l’apparente disuguaglianza del mondo, esiste un potere superiore e tutto il resto è secondario rispetto a quella divina provvidenza.

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Scena da La Consolazione della Filosofia di Boezio, Scuola Francese (XV secolo)

Era tipico rappresentare la Signora Saggezza nelle convenzioni stilistiche medievali come dotata di due piume o ali, tratte dalle storie di Boezio. Purtroppo, la popolarità di quest’opera scatenò molti dei principali tentativi del cristianesimo di cooptare la virtù e la saggezza elleniche.

Nel frattempo, attraverso la demonologia nemica nel Medioevo europeo, Maat fu trasformata nel Dèmone chiamato Morax, detto anche Foraii o Marax, che appare al mago come un toro che talvolta assume il volto di un uomo quando dà consigli ai saggi:

Morax, alias Foraii, un grande conte e presidente, è visto come un toro e, se assume il volto di un uomo, rende gli uomini straordinariamente abili in astronomia e in tutte le scienze liberali: dona buoni e saggi familiari, conoscendo il potere e la virtù delle erbe e delle pietre preziose, e comanda trentasei legioni.
Pseudomonarchia Daemonum, Johann Weyer

Le scienze liberali rappresentano anche una sorta di codice collegato alle funzioni di Maat. In primo luogo, tutte le arti liberali rappresentano il desiderio di una comprensione universale basata sull’ordine universale. Nell’Europa medievale, lo studio di tali materie indicava lo status di uomo libero, che era atteso comprendesse le virtù e i codici della società in cui viveva — da qui il termine liberalis, che significa “atteso da un uomo libero”.

Le sette arti liberali — musica, aritmetica, geometria, astronomia, retorica, grammatica e logica — esistevano, riflettendo la primazia del numero sette come veicolo del karma e il suo legame centrale con Maat stessa. Queste arti, in particolare il trivio degli scribi, erano fondamentali per lo studio della legge. Mentre Maat rimaneva demonizzata nei grimori o citata superficialmente come la “Signora Saggezza” nelle convenzioni medievali, tali arti venivano attribuite in modo ridicolo come appartenenti alla vergine escremento:

È scritto: “La Sapienza ha edificato la sua casa, ha scolpito sette colonne” (Proverbi 9:1). Questa casa è la Beata Vergine; le sette colonne sono le sette arti liberali.
Mariale in Evangelium, Alberto di Colonia

Il codice che riguarda la conoscenza dell’astronomia si riferisce alle proprietà stagionali di Maat.


MAAT NELL’ISLAM

Nell’islam, il termine principale per le “bilance” usate per pesare le azioni umane nel Giorno della Resurrezione è al-Mizan, che è stato palesemente copiato dalla religione egizia, senza nemmeno mascherarlo, a differenza di quanto avviene nel giudaismo o nel cristianesimo. Questo viene esplicitamente menzionato più volte nel corano:

وَنَضَعُ ٱلْمَوَازِينَ ٱلْقِسْطَ لِيَوْمِ ٱلْقِيَٰمَةِ فَلَا تُظْلَمُ نَفْسٌ شَيْـًٔا ۖ وَإِن كَانَ مِثْقَالَ حَبَّةٍۢ مِّنْ خَرْدَلٍ أَتَيْنَا بِهَا ۗ وَكَفَىٰ بِنَا حَٰسِبِينَ

Allestiremo le bilance della giustizia per il Giorno della Resurrezione, affinché nessuna anima subisca ingiustizia, neanche minima. E se sarà anche solo il peso di un granello di senape, lo faremo venire fuori. Noi siamo più che sufficienti a rendere conto.
Corano 21:47

وَٱلسَّمَآءَ رَفَعَهَا وَوَضَعَ ٱلْمِيزَانَ أَلَّا تَطْغَوْا۟ فِى ٱلْمِيزَانِ ﴿٨﴾ وَأَقِيمُوا۟ ٱلْوَزْنَ بِٱلْقِسْطِ وَلَا تُخْسِرُوا۟ ٱلْمِيزَانَ

E il cielo Egli l’ha elevato e ha posto la bilancia (al-mizan), affinché non trasgrediate nella bilancia. Stabilite il peso con giustizia e non diminuite la bilancia.
Corano 55:7–9

I commentatori musulmani erano inoltre molto consapevoli di Maat tra le Dee pagane. Scrissero:

Essi (i giudici antichi d’Egitto) portavano appesa al collo una piccola figura dorata di una donna che teneva una coppia di bilance e una piuma, così che chiunque la vedesse sapesse che essa pesava le loro azioni nella Verità.
al-Khitat, Al-Maqrizi

Lo storico del IX secolo Ibn Abd al-Hakam, nella sua Conquista dell’Egitto, racconta una storia forse apocrifa: quando al califfo ‘Umar fu consegnato il tesoro del Faraone, tra le cose fu trovata un’idolo o un’incisione di una donna con una spada in una mano e bilance nell’altra, che i consiglieri di ‘Umar interpretarono come una rappresentazione della Giustizia.


BIBLIOGRAFIA

Instruction of Pharaoh Amenemhat I
Insegnamenti del faraone Amenemhat I

The Library of History, Diodorus Siculus
Biblioteca storica, Diodoro Siculo

On Isis and Osiris, Plutarch
Iside e Osiride, Plutarco

Hieroglyphica, Horapollo
Geroglifici, Orapollo

Mariale in Evangelium, Albert of Cologne

Al‑Khitat, Al-Maqrizi

Thus Spake Zarathustra, Friedrich Nietzsche
Così parlò Zarathustra, Friedrich Nietzsche

Maat: The Moral Ideal in Ancient Egypt, Mowlana Karenga

Insinger Papyrus, from Late Egyptian Wisdom Literature in the International Context, M. Lichtheim

The story of Butrus, the Ascetic, Jacobite Arab Synaxarium

Ancient Records of Egypt: The Eighteenth Dynasty, James Henry Breasted
Documenti dell'antico Egitto: La XVIII dinastia

Ostrich Egg and its Symbolic Meaning in the Ancient Egyptian Monastery Churches, Dr. Sara El Sayed Kitat

"The ancient Egyptian concept of Maat: Reflections on social justice and natural order", R.J. Ferguson


CREDITI:

Karnonnos [TG] (testo)
Power of Justice [TG] (stile editoriale, grammatica e sintassi)
 
TG Karnonnos

Anubis

Anubis era un Dio molto importante dell’antico Egitto che, si potrebbe dire, anche nei tempi moderni è uno degli Dèi più famosi dell’antichità e uno dei simboli più duraturi dell’Egitto nel suo complesso. Era conosciuto come il Dio dell’Oltretomba ed era fortemente associato alla mummificazione e ai riti funerari. Molte scene raffiguranti Anubis nell’arte dell’antico Egitto lo mostrano mentre guida i defunti come psicopompo, imbalsama i morti e pesa il cuore sulla bilancia di Maat.

Il simbolismo di Anubis in Egitto è prolifico e estremamente diffuso sia in scala che in frequenza, nonostante egli sia legato solo a pochi miti. Nel corso della storia dell’Egitto, fu considerato il Dio primordiale dei morti, al fianco di Osiride.

Nel mito, Anubis era considerato figlio di Osiride e Nefthys, come elaborato in modo più noto da Plutarco. Quando Osiride viene smembrato da Set, è Anubis a custodire in sicurezza gli organi del padre e a tenerli a portata di mano. In un altro mito, come quello contenuto nel Papiro di Jumilhac, il Dio canino scuoia Set quando questi si trasforma in un leopardo per attaccare il cadavere di Osiride che giaceva in pace.

Tali associazioni portarono Anubis a essere rappresentato come il principale imbalsamatore dei defunti e la Divinità primaria legata alla mummificazione.

Questa premura riflette il ruolo di Anubis come Dio che plasma le anime degli individui dopo la morte affinché possano accogliere un altro corpo o un’altra esistenza. Tra gli Dèi, egli è anche il Guardiano dei defunti più attivo e il primo da consultare in tutte le questioni relative ai funerali e al passaggio da una vita all’altra — un ruolo che lo lega molto direttamente sia a Maat che a Nefthys. Mentre Set regna sul regno degli ignoranti e Osiride regna sui giusti nel cielo, Anubis occupa una zona intermedia tra i due.

Insaziabile nel custodire i defunti, come Guardiano delle tombe, si pensava che Anubis punisse coloro che disturbavano i morti o turbavano l’ordine cosmico. La credenza popolare gli attribuiva un’autorità quasi giudiziaria in nome dei defunti. Come riportato nel folclore egiziano posteriore: “Anubis e il suo esercito di messaggeri erano incaricati di punire coloro che violavano le tombe o offendevano gli Dèi”. Se qualcuno profanava una tomba o commetteva un male, la gente comune si aspettava che Anubis vendicasse lo spirito offeso.

Per la maggior parte delle persone, questo aspetto di Anubis aveva implicazioni pratiche, poiché lo si poteva invocare per ottenere vendetta o protezione. Amuleti, dipinti tombali e maledizioni incise mostrano che gli egizi invocavano regolarmente Anubis per protezione e vendetta. Un abitante di villaggio poteva invocare Anubis per maledire un profanatore di tombe o per proteggere la propria casa da magie maligne. Questa duplice immagine di guida benevola per i giusti e feroce punitore dei malvagi, rese Anubis una figura profondamente prominente agli occhi degli egizi comuni, i quali rafforzavano quotidianamente l’ordine morale (Maat) attraverso la propria fede.

Una delle principali festività dedicate a Osiride era la Festa di Wag (Festa dei morti), un rito annuale incentrato sui defunti. Si facevano galleggiare piccole barche funerarie e si offrivano doni. Anubis riceveva implicitamente parte di queste devozioni, anche se Osiride era il principale destinatario della festività. Le “Lettere ai morti” (messaggi incisi su ciotole o papiri da parenti in vita ai familiari defunti) includevano spesso minacce di rivolgersi ad Anubis o a Osiride se lo spirito del defunto non avesse smesso di tormentarli. Queste lettere dimostrano che il popolo credeva che Anubis fosse attivamente coinvolto nel destino delle anime e potesse mediare tra i vivi e i morti per conto loro.

Le sue funzioni non si riferivano semplicemente al mondo dei morti. Molte di esse erano profondamente legate al mondo dei vivi e dei respiranti, come il controllo degli affari sociali, la verità e i voti, indicato chiaramente nella sua relazione con il Rituale dell’Apertura della Bocca. Il nemico ha cercato di cancellare ogni conoscenza di ciò. Socrate, ad esempio, invoca Anubis più volte, giurando “sul cane d’Egitto” di trasmettere la verità assoluta attraverso ciò che stava dicendo, ma anche per richiamare le arguzie di Anubis.

Come Dio, gli egizi sapevano che Anubis poteva offrire loro consigli nelle relazioni e il coraggio di affrontare coloro che erano diversi da loro. Il coraggio era un elemento centrale del suo culto e ciò doveva rappresentare il trionfo della vita eterna sulla morte, insieme al desiderio di continuare a reincarnarsi ed esistere. In un senso più ampio, Anubis governa gli aspetti legati alla famiglia e alle questioni razziali: questioni di sangue e di legami.

I nomi personali offrono un altro sguardo sulla devozione. Non era raro che gli egizi di tutte le classi sociali dessero ai figli nomi in onore delle Divinità, come segno di pietà. Esistevano nomi che includevano “Anubis” (Anpu), come Anupu, Anuphotep e Anup-khefa. Ciò suggerisce che il nome del Dio era considerato un onore per il proprio figlio e non aveva alcuna associazione con qualcosa di macabro.

Nella vita quotidiana, gli amuleti di Anubis venivano indossati o posti insieme ai defunti come protezione. Tali amuleti, realizzati in faience o bronzo, divennero particolarmente popolari durante il Periodo Tardo, quando la pratica religiosa personale si diffuse ampiamente tra il popolo egiziano. I musei oggi conservano molti amuleti di Anubis del Periodo Tardo, ritrovati nelle tombe di persone comuni. È evidente che il Dio dalla testa di sciacallo veniva invocato a favore dei defunti per proteggerli dal male.

I templi dedicati ad Anubis erano chiamati Anubaeon. A testimonianza della popolarità del Dio canino, esistevano molti templi di questo tipo in tutto l'Egitto, con il sito di Saqqara che assumeva la massima importanza. I complessi associati ad Anubis contengono tipicamente milioni di canidi mummificati, come quelli scoperti a Saqqara.

Esistevano due città dedicate ad Anubis. Una si chiamava Usakai, o in greco Cynopolis ("città del cane"). L'altra, dedicata anche a Wepwawet, si chiamava Zahwaty, o in greco Lycopolis ("città del lupo"), oggi nota come Asyut. In entrambe queste località esistevano diversi complessi templari.


SIMBOLISMO DI ANUBIS

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Anubis era tipicamente rappresentato come un uomo che indossava la maschera di un cane o di uno sciacallo. L’occhio illuminato e il sopracciglio simile a quello umano venivano solitamente mostrati sulla maschera, indicando la sua variegata discendenza da Ra o Osiride. Più spesso, era vestito d’oro e di bianco, a significare la sua padronanza sulle dimensioni dei morti.

I rituali più significativi che coinvolgevano il simbolismo di Anubis per un egiziano comune avvenivano durante i funerali. La morte era considerata appartenente al dominio della famiglia e collegata al tema della perseveranza sulla terra. Mentre gli imbalsamatori professionisti (che erano spesso sacerdoti di Anubis) si occupavano della mummificazione tecnica, i parenti del defunto partecipavano a cerimonie in cui Anubis era simbolicamente presente. Per consuetudine, il sacerdote imbalsamatore principale indossava una maschera di Anubis in legno o dipinta quando eseguiva i riti principali di un funerale.

A partire dal Nuovo Regno, divenne consuetudine che un funzionario assumesse il ruolo di Anubis nelle processioni funerarie pubbliche, usanza che continuò anche nei periodi successivi. Un papiro tardo tolemaico proveniente da Ossirinco descrive i pagamenti a vari partecipanti a una festa, incluso quello a “colui che ha la testa di cane” (kunophis), un attore che interpretava Anubis. Tali prove suggeriscono che anche nei funerali non reali o nelle feste locali dei morti, la presenza di un impersonatore di Anubis fosse la norma. La comunità poteva vedere Anubis “camminare” tra loro e condurre ritualmente il defunto verso la tomba. I comuni partecipanti in lutto si rivolgevano a questa figura con suppliche, trattandolo di fatto come la presenza stessa della Divinità.

Il cane era il suo simbolo per molte ragioni, non solo per la lealtà che i cani dimostrano verso gli esseri umani, ma anche per il loro entusiasmo verso la vita, la loro fierezza, la natura vocale e la tendenza a esporsi persino a gravi rischi di morte per proteggere i propri padroni. Le famiglie che possedevano cani si riconoscevano nel simbolismo di Anubis come protettore della famiglia e della razza. Il cane rappresenta anche il principio sociale della routine e del mantenere le promesse fondamentali verso gli altri.

Tale lealtà e vivacità dimostrate dai cani erano interpretate come un simbolo della lealtà verso la vita stessa.

In opposizione al cane, lo sciacallo è un altro simbolo dualistico di Anubis che si collega fortemente ai temi della morte. Lo sciacallo è un animale spazzino che si nutre di cadaveri. Il potere della putrefazione, evocando l’annientamento e la decadenza, era rappresentato nello sciacallo. Eppure, essenzialmente, in esso era contenuta anche l’idea che ogni elemento del defunto potesse essere destinato, con il tempo, a uno scopo più grande e rinnovato.

In generale, lo sciacallo è anche un animale solitario, fatta eccezione per il proprio compagno di vita, con cui spesso caccia. Rappresentata nella sua sposa Anput, la lealtà e la fedeltà erano elementi forti del culto di Anubis. Per questo motivo, il suo culto era popolare tra le coppie rigorosamente monogame, così come tra vedove e vedovi.

Un dominio di Anubis era anche legato all’amore o all’influenza emotiva, ambito in cui il tema del cuore compariva inevitabilmente. Gli incantesimi amorosi egiziani in demotico venivano spesso usati per “accendere il cuore” della persona desiderata, attraverso sostanze o figurine. Sebbene questi provengano da un periodo più tardo, mantengono l’idea del cuore come centro dell’emozione, suscettibile di manipolazione magica.

La proprietà occulta del cuore includeva il suo utilizzo come oggetto di magia simpatetica: controllare il cuore di qualcuno significava controllarne la volontà e l’amore. Questo aspetto di Anubis legato al dominio, e l’immaginario del cane da caccia, è richiamato in alcuni incantesimi, riflettendo il suo pianeta dominante, Plutone:

Anubis, Dio della terra, dell’oltretomba e dei cieli, cane cane cane, usa tutta la tua forza e tutto il tuo potere su Tier (la donna in questione), nata da Sophia. Strappale l’orgoglio, la prudenza e la modestia, e conducila a me, qui, ai miei piedi, languente di passione, a ogni ora del giorno e della notte, sognandomi incessantemente, quando mangia e quando beve, quando lavora e persino quando fa l’amore, quando riposa, quando sogna e mentre sta sognando; quando, tormentata da te, si affretta, languendo per me, con tutto il cuore, la sua anima piena di generosità, offrendosi a me, e compie il dovere delle donne verso gli uomini, servendo per soddisfare il mio desiderio e il suo, senza mai stancarsi, senza vergogna, premendo la sua coscia contro la mia, la sua morbida oscurità che incontra la mia (pube), nel modo più dolce! Sì, mio signore, portami Tier, a cui Sophia ha dato la vita.
Incantesimo dell’epoca tolemaica di Anubis, da Magic and Mystery in Ancient Egypt, C. Jacq

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1. Anubis con arco e frecce, frammento di incantesimo d’amore, epoca romana
2 – 4. Simbolismo delle statuette di Anubis armato di arco, dall’epoca tolemaica a quella romana


Sia il cane che lo sciacallo presentano fauci ampie e musi archetipicamente allungati, un codice dei poteri della Bocca associati ad Anubis. Il Dio della Morte era profondamente coinvolto nel rituale dell’Apertura della Bocca, che segnava una sorta di iniziazione verso poteri superiori di comunicazione, oltre a sbloccare determinate facoltà per l’anima nel post mortem. La Bocca, richiamata anche nei soprannomi di Anubis come “abbaiatore”, conferisce all’individuo un livello molto più elevato di comando.

Il suo colore nero rappresenta la trasformazione della vita nella morte e il suolo del Nilo, ma anche l’assorbimento della vita nel flusso di tutte le cose e la conoscenza del nascosto. La Terra Nera stessa era evocata nel manto di Anubis. In questo, egli si contrappone al simbolismo rossastro di Set e all’altro Dio dalla testa di lupo, chiamato Wepwawet, che invece è ammantato di bianco.

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La forma più canina di Anubis è rappresentata in abbondanza nelle tombe e nei monumenti funerari, a testimoniare il suo ruolo di protettore dei morti da qualsiasi forma di hybris, che egli avrebbe vendicato. Questo è anche parte del motivo per cui un flagello è tenuto dalle sue zampe posteriori, simbolo associato alla fertilità. Il flagello era un codice che rappresentava il fatto che la terra dei morti è più “fertile” di quanto i vivi possano vedere... e un avvertimento da cogliere.

Come ci si può aspettare, molti dei suoi titoli si riferiscono al processo di imbalsamazione e mummificazione.

Un altro aspetto importante da notare è che la caratteristica colorazione nera della testa non è propriamente associata allo sciacallo in sé, bensì costituisce un simbolismo. Prima della mummificazione, il corpo veniva ricoperto di natron, che lo disidratava proteggendolo dall’umidità (e dunque dai batteri); in seguito, la pelle assumeva un colore più scuro, tendente al nero. Inoltre, per gli egizi, il colore nero rappresentava la fertilità, poiché richiamava il limo fecondo del Nilo — costituendo così una sorta di dualità. Il nero può essere il colore della morte, ma morte e decomposizione possono condurre, a loro volta, alla vita e alla rinascita.

Anubis, come Maat, era strettamente legato all’ib (cuore) dell’individuo, collegandolo alla cerimonia della Pesatura del Cuore. Durante questa cerimonia, Anubis agiva da intercessore o avvocato del defunto, cercando di evidenziare i suoi aspetti positivi. Era conosciuto come il Guardiano della Bilancia.

Plutarco interpretava inoltre Anubis come l’orizzonte (confine) tra gli emisferi superiore e inferiore del cosmo. L’alba eliaca di Sirio era comunemente allineata con i giorni caldi dell’estate a luglio, noti come “i giorni del cane d’estate”, dal termine greco κυνάδες ἡμέραι.

Il legame con il cuore è simbolico perché il Chakra centrale rappresenta la capacità di comunicare con l’astrale, ed è il luogo da cui si emerge alla morte. Insieme all’imbalsamazione, questo fa parte di ciò che trasmette la frase magica “CIÒ CHE È DENTRO”. Un aspetto di Hermes, che tratta il concetto di memoria dell’anima e accesso, era rappresentato anche da Anubis — specialmente nell’Egitto sotto dominio greco (Hermanubis).

Le questioni interiori dell’anima avevano inoltre un significato spirituale legato alla meditazione e al livello di avanzamento personale. La qualità o caratteristica del regno a cui accedono i morti dipenderà dallo sviluppo del loro corpo, mente e anima nell’avvicinarsi alla vera unione — qualcosa di simile a quanto simboleggiato da Naberius nelle sue rappresentazioni.

Allo stesso modo, il suo titolo di “Il Primo degli Occidentali” è un altro codice. Questo non si riferisce solo alla riva occidentale del Nilo, dove venivano sepolti i morti, ma anche alla direzione ovest in generale, che rappresenta il punto del tramonto del Sole e l’elemento acqua. L’elemento acqua è legato ai Chakra superiori, che governano tutto ciò che è passato, presente e futuro.

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Rara raffigurazione di Anubis in forma umana, Museo d’Egitto

Nell’Egitto tolemaico, Anubis era spesso rappresentato al fianco di Serapide (Osiride), in modo simile a Cerbero. Il suo simbolismo continuò a essere popolare a Roma, anche se non senza qualche commento da parte dei romani più ignoranti.

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Pannello in mosaico raffigurante Anubis che tiene il Caduceo di Ermes a rappresentare novembre, pavimento di Cartagine

Oltre al simbolismo di luglio, Anubis era fortemente associato al mese di novembre, designato come mese del lutto nel periodo romano. Il sandalo, sua pianta rappresentativa, usata nel processo di imbalsamazione, negli incensi e in altri rituali. L’elemento acqua è anch’esso evidente, data la sua associazione con dissoluzione, trasformazione, morte, rinascita e l’immersione dell’ego.

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Nei Tarocchi, è collegato al Tre di Coppe rovesciato. Tradizionalmente, questa carta rappresentava nuovi sviluppi più bruschi o inquietanti rispetto alla sua versione dritta. Le interpretazioni moderne enfatizzano l’isolamento, le celebrazioni contaminate e i conflitti tra amici. Qui c’è un simbolismo legato alla separazione dal mondo normale e alla perdita di contatto con le persone care.

Questa carta può anche sottolineare la necessità di mantenere la guardia alta nelle associazioni e nei gruppi. A volte può riferirsi a un atto di creazione che va storto, inclusi aborti o interruzioni. D’altro canto, come ha osservato Arcadia, ciò potrebbe essere legato al fatto che la morte non era sempre vista come catastrofica nel mondo antico, ma aveva un suo posto, con una sorta di reverie rispetto alla morbosità dei tempi moderni.

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La carta principale dei Tarocchi che rappresenta Anubis è l’Eremita. La luce che l’Eremita tiene, con il suo bagliore a stella a sei punte, simboleggia un faro in una zona desolata e nevosa — simbolico del dominio di Anubis sui defunti. La stella a sei punte stessa rappresenta il Chakra centrale. È interessante che le uniche carte che mostrano montagne innevate coinvolgano Anubis e Cerbero, gli Dèi canini dei morti. Questa carta allude anche al titolo di Anubis, "Colui che è sulla sua montagna".

L’Eremita rappresenta la conoscenza che nasce dall’interno e l’introspezione, così come la necessità di prendersi pause dalla vita quotidiana o da routine stressanti per rafforzarsi. Questa polarità la distingue da Giustizia e Giudizio, che riguardano giudizi esterni. Può simboleggiare la crescita spirituale — un complemento al ruolo che Anubis svolge nella cerimonia della Pesatura. Un tempo, era considerata una carta di avvertimento, che consigliava prudenza e circospezione verso gli altri.

La carta di Anubis negli Arcani Maggiori è la Morte rovesciata, in contrasto con Osiride e altre che la rappresentano in posizione verticale. Questa carta può indicare la solitudine, l'isolamento e il rifiuto di abbracciare il cambiamento anche se sta per arrivare. La Morte rovesciata spesso indica un attaccamento malsano alla routine, sia da parte del consultante sia da altri coinvolti. In chiave classica, rappresentava il sonno, il nulla e la mancanza di coscienza, coerente con il ruolo di Anubis nel riformulare un essere da una vita all’altra.


ANUBIS NEL CONTESTO DEL NEMICO
ANUBIS NELL’EBRAISMO


L’unico riferimento ad Anubis lo descrive come un Dio degli Avviti:

Gli Avviti fabbricarono Nibhaz (Inapa) e Tartak…
2 Re 17:31

Gli sciacalli occupano un certo spazio simbolico nella bibbia. Isaia 13:22 e Geremia 50:39 usano entrambi gli sciacalli per rappresentare Babilonia come desolata e ridotta a essere tra le terre selvagge, una maledizione per i morti gentili.

L'Apocalisse greca di Baruch menziona creature dalla testa di cane nel Secondo Cielo, una litania di individui puniti per aver "costruito la Torre contro" l'entità ebraica.


ANUBIS NEL CRISTIANESIMO

Arcadia ha fatto notare correttamente che alcuni aspetti di “san Giovanni Battista” sono sovrapponibili ad Anubis, entrambi portano il titolo di “Colui che apre le Vie”, sebbene questo sia anche legato ad Ade e Dioniso (Isaia 40:3). Tutti Dèi connessi agli spazi selvatici e a dimensioni legate all’unzione.

Nel culto popolare, Anubis fu spesso confuso e usurpato dalla figura di “san Cristoforo”. Questo santo si sarebbe convertito al cristianesimo e avrebbe dedicato la propria vita a salvare viandanti, aiutandoli ad attraversare un fiume. Proprio come il Dio, “Cristoforo” era descritto come alto otto piedi e terribile nell’aspetto. Si credeva provenisse dalla Marmarica, una regione tra l’Egitto e la Cirenaica.

Questo è anche collegato alla carta dell'Eremita, poiché il suggerimento a Cristoforo di portare i fedeli attraverso il fiume viene dato da un eremita quando Cristoforo dice di non poter digiunare o pregare. Un giorno, il santo traghettò un bambino attraverso il fiume, che si rivelò essere il nazareno e scomparve. Il santo convertì poi una città di migliaia di pagani sotto la minaccia di morte, rifiutando la corruzione di un re che gli offrì due bellissime donne (rappresentanti Maat). Il suo rifiuto portò alla sua decapitazione.

In quanto “portatore” dell' “unto”, titolo dato ad Anubis per aver salvato i fedeli di Zeus, Cristoforo viene pregato per la protezione dei defunti. È molto significativo che Cristoforo sia comunemente raffigurato nelle icone con la testa di un cane, anche in luoghi come l'Irlanda e la Russia.

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Le creature con testa di cane proliferano nell’immaginario cristiano. Agostino fa riferimento ai cinocefali ne La Città di Dio, Libro XVI, Capitolo 8. Considerava la possibilità che essi potessero non esistere o non essere umani (Agostino definisce l’uomo come animale razionale e mortale: homo, id est animal rationale mortale), ma insisteva che, se fossero stati umani, dovevano discendere da Adamo.

Molti commentari medievali successivi, come quello di Walter di Spira, sostennero scioccamente che Cristoforo appartenesse a una razza di uomini con testa di cane che si nutriva di carne.

Va anche notato che nei testi magici copti medievali (incantesimi egiziani cristiani, alcuni tradotti in arabo e in latino) Anubis viene nominato in incantesimi protettivi. Un incantesimo copto contro la febbre invoca “Anoubis, che detiene le chiavi dell’oltretomba”. Attraverso canali come questi, spesso tramite monaci siriani o nordafricani, frammenti dell’autentica magia egizia si fecero strada nel folklore magico europeo. Già durante il Rinascimento, gli studiosi dell’occulto erano consapevoli che molti nomi di Dèmoni e appellativi di spiriti nei grimori avevano origini pagane.

Ad esempio, Cornelio Agrippa, nella sua analisi dei “personaggi” magici, notò che spesso dietro i nomi degli spiriti planetari si celavano Dèi pagane. Osservò la tendenza a interpretare le antiche Divinità come angeli o demoni, attraverso una lente monoteista. Nella gerarchia di Agrippa, gli aspetti benigni degli Dèi pagani venivano classificati come intelligenze planetarie (o angeli), mentre gli aspetti maligni o proibiti venivano considerati Dèmoni goetici.

Allo stesso modo, il nemico trasformò Anubis nel Dèmone dalla testa di leone o d’oca Ipos, noto anche come Ayporos, e gli attribuì il titolo di “Signore degli stolti”, una schernente parodia delle anime gentili che Anubis ha il compito di salvare.

Per dimostrare il loro timore verso questo Dio, i tratti positivi della parola e del dominio sui morti vennero distorti in insulti sprezzanti. Il nemico si compiaceva in particolare del fatto che molte anime presenti sull’Astrale, normalmente salvate dal suo intervento, divenissero irraggiungibili attraverso il cristianesimo e l’islam… in sostanza, la ragione indiretta per cui gli fu conferito tale titolo.

Anubis è stato spesso confuso con Thoth (Hermes) nei testi alchemici medievali. Commentatori successivi come Athanasius Kircher collegarono esplicitamente il simbolismo alchemico agli Dèi egizi. Nella sua enciclopedica opera Oedipus Aegyptiacus (1652), Kircher tentò di decifrare i geroglifici egizi e offrì interpretazioni esoteriche: Hermanubis, scrisse, rappresentava “il Mercurio dei romani, l’Hermes dei greci”, ovvero il principio dello spirito volatile.

In un’analisi della Mensa Isiaca (Tavola Bembina di Iside), Kircher identifica una certa figura dalla testa di sciacallo come Hermanubis e interpreta i simboli circostanti: “la testa d’ibis denota una Divinità dell’umidità; la sedia a mosaico indica i mutamenti perpetui della natura, giorno e notte, caldo e freddo…”.


ANUBIS NELL’ISLAM

Fu particolarmente disprezzato dall’islam in quanto patrono dei cani. I cani venivano considerati impuri e torturati fino alla morte, al fine di provocare i pagani e gli zoroastriani, ma anche per disarmare le persone di una forma comune di protezione e legarle al giogo dell’islam.

Un ulteriore strato di questa blasfemia (simile al sacrificio delle capre contro Azazel, che anch’esso contiene significati stratificati) concerne il disprezzo islamico verso il patto sociale. In molti Paesi musulmani, la fedeltà alla società nel suo insieme si regge su un filo sottile. Menzogna, corruzione e concussione dilagano. L’unità sociale di base, al di fuori del fanatismo religioso, si è progressivamente sgretolata, portando a catastrofi come la guerra civile in Siria. Questa è una delle principali ragioni per cui la maggior parte dei Paesi islamici si trova, a livello globale, in uno stato catastrofico. La relegazione dei cani a semplici spazzini o, al massimo, ad animali da guardia mal tollerati è indicativa di tali disfunzioni all’interno di queste società.


BIBLIOGRAFIA

The Republic, Plato
La Repubblica, Platone

On Isis and Osiris, Plutarch
Iside e Osiride, Plutarco

The Golden Ass, Apuleius
Le metamorfosi (L’asino d’oro) di Apuleio

Greek Apocalypse of Baruch

The Jackal Divinities of Egypt, Terence Duquesne

The Socratic Oath 'By the Dog'", The Classical Journal, Robert E. Hoerber

Gods and Myths of Ancient Egypt, Robert A. Armour

The Catacombs of Anubis at North Saqqara. Antiquity, P. Nicholson and S. Ikram

Anubis alexandrin et romain, J.C. Grenier

Magic and Mystery in Ancient Egypt, C. Jacq

Death Dogs, Jackal Gods and the Rediscovery of Ancient Egypt

Ancient Egyptian Views on Death and the Afterlife, Facts and Details


CREDITI:

Karnonnos [TG] – autore del testo
Power of Justice [TG] – revisione stilistica, grammaticale e sintattica
Arcadia (Mano destra del Guardiano) – simbolismo del sandalo, dell’imbalsamazione e dell’acqua; ricerca su alcuni Tarocchi, Nuovo Testamento e passi di Isaia
 

Al Jilwah: Chapter IV

"It is my desire that all my followers unite in a bond of unity, lest those who are without prevail against them." - Shaitan

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