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[Trad] Denis Diderot

SaqqaraNox

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Oct 9, 2021
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DENIS DIDEROT
Padre dell'Illuminismo

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PRIMI ANNI

Denis Diderot nacque il 5 ottobre 1713, nella città di Langres, nella provincia francese della Champagne, conosciuta oggi soprattutto, ovviamente, per il vino bianco frizzante che porta il suo nome. Sua madre era Angélique Vigneron, e suo padre Didier Diderot, un artigiano coltellinaio, specializzato soprattutto nella creazione di coltelli chirurgici. Didier godeva di grande considerazione e di alta reputazione, grazie alla notorietà del suo lavoro, persino a Langres, dove la professione di coltellinaio era diffusa.

Denis aveva cinque fratelli, sebbene solo tre siano sopravvissuti fino all’età adulta, e ancor meno siano arrivati alla vecchiaia. La maggiore delle sue sorelle, Denise Diderot, era tenuta in grandissima considerazione dal fratello, che la descriveva come una “Socrate al femminile” per le sue apparentemente numerose e notevoli qualità, e come una donna che, nonostante le proprie difficoltà, aveva trovato il “paradiso in terra.”

L’istruzione di Diderot iniziò in modo simile a quella di Giordano Bruno, nel senso che cominciò i suoi studi all’interno di un ordine clericale cristiano; in particolare i Gesuiti, noti soprattutto per la loro inclinazione al lavoro missionario e per la disponibilità a vivere in povertà assoluta, castità e in condizioni estreme e autolesionistiche, se ciò significava avere anche solo una possibilità di convertire altri.

Analogamente a Benjamin Franklin, Diderot si rese presto conto che la vita clericale non faceva per lui e abbandonò qualsiasi idea di diventare sacerdote cristiano. Per un certo periodo studiò legge, scegliendo invece di diventare scrittore. Il rapporto con il padre divenne teso di conseguenza, poiché, data l’apparente posizione sociale della famiglia, sembrava esserci l’aspettativa che Denis intraprendesse una delle “professioni colte”, vale a dire il clero, la medicina o il diritto.

Ora disconosciuto, i successivi dieci anni di Denis furono completamente suoi, vivendo uno stile di vita alquanto bohemien a Parigi (appropriatamente, questo è il periodo in cui è stato coniato il termine bohemien), diventando uno dei creativi dal vivere semplice dell’epoca. Questo stile di vita gli si addiceva per un certo periodo, specialmente perché Diderot si considerava un amante piuttosto passionale e ricordava con affetto i suoi numerosi incontri.


L’UNIONE IN CRISI

Questo culminò nella sua infatuazione per Anne-Antoinette Champion, con la quale aveva vissuto (insieme alla madre single) durante i suoi anni di libertà. Anne-Antoinette e sua madre, a tutti gli effetti, tiravano avanti a stento, mantenendosi solo con il bucato e il cucito. Tuttavia, Denis l'amava così profondamente da chiedere al padre il permesso di prenderne la mano, anche se da parte di lei non ci sarebbe stata alcuna dote a causa della loro bassa posizione sociale.

Diderot Senior non approvò l’unione e il rapporto tra padre e figlio si deteriorò ulteriormente. Suo padre, usando la sua influenza, ottenne un decreto reale che portò Denis a essere rinchiuso nel monastero dei Carmelitani, sperando che si dedicasse alla riflessione personale e, secondo lui, tornasse in sé.

Denis, tuttavia, non lo fece. Dopo aver scritto a lungo ad Anne-Antoinette della scarsa qualità della sua prigionia e della malvagità dei monaci, saltò letteralmente fuori da una finestra nel cuore della notte, trovando una diligenza con i pochi soldi che aveva nascosto addosso.

Denis Diderot aveva compiuto un lungo viaggio a piedi, sotto il freddo e la pioggia, al punto da perdere peso. Dopo un po’, arrivò finalmente a Parigi, dichiarando che tutta la sua vita dipendeva dal fatto che Anne-Antoinette accettasse o meno la sua mano. Inizialmente lei lo respinse, dichiarando di non avere alcun desiderio di entrare in una famiglia che non voleva accoglierla, e che avrebbe dovuto smettere di contattarla.

Solo un mese dopo, Anne-Antoinette cambiò idea e i due si sposarono di in segreto dopo il tramonto, in una delle poche chiese che celebravano matrimoni senza l'approvazione dei genitori. Didier Diderot scoprì il matrimonio del figlio solo sei anni più tardi.

Il matrimonio di Diderot con Anne-Antoinette durò per tutta la vita, anche se, come si può immaginare, non fu privo di difetti, date le sue già citate propensioni. Queste infedeltà causarono evidenti tensioni familiari nel corso degli anni e Anne-Antoinette fu, come ci si aspetterebbe da una donna ferita, descritta come litigiosa. Eppure, fu proprio Anne-Antoinette a offrire a Diderot una vita domestica in un’esistenza altrimenti caotica, stabilizzandolo abbastanza da lasciargli spazio per dedicarsi alle sue grandi opere.

Nonostante i loro problemi, il matrimonio si dimostrò resiliente. Anche durante la sua seconda detenzione (di cui si parlerà approfonditamente), Anne-Antoinette non lo abbandonò mai. Allo stesso modo, durante la sua battaglia contro la malattia, Diderot si prese cura di lei con diligenza e difese il suo onore da ogni critica esterna.

La figlia più longeva nata dalla loro unione fu Angélique. Chiamata così in onore dell'altra sorella di Diderot, fu senza dubbio l'ispirazione della sua opera successiva, La religiosa, che era un attacco diretto ai conventi e alla chiesa cattolica nel suo complesso. Angélique, del resto, era morta alla relativamente giovane età di 28 anni, dopo essere stata sottoposta a un eccessivo lavoro e apparentemente impazzita a causa degli abusi subiti in convento. Senza dubbio, la morte della sorella giocò un ruolo importante nell'avversione di Diderot verso il cristianesimo, che ebbe un ruolo centrale non solo nelle sue opere, ma anche in molte delle battaglie fondamentali della sua vita.


PRIMI LAVORI E ANTAGONISMO

Dopo il suo primo tentativo di tradurre in francese opere straniere di rilievo, Diderot iniziò la sua vera e propria carriera di scrittore con Pensieri filosofici.

Qui Diderot si pronuncia in difesa del Deismo, il quale, come avrete notato leggendo gli scritti di George Washington e Benjamin Franklin, costituiva una prospettiva comune fra i pensatori dell’epoca. Nella mente di un deista, un Dio esisteva senza alcun dubbio. Ma tale Divinità era un postulato razionale, fondato sull’osservazione della natura. Questa Divinità era trascendente, esclusivamente logica e priva di crudeltà, in netto contrasto con le qualità tiranniche e superstiziose attribuite al dio giudeo-cristiano venerato allora dalla società nel suo complesso.

Il Deismo, per parte sua, aveva assai più affinità con le antiche scuole di filosofia greca che con l’abramismo nel suo complesso, fatto del resto evidente, poiché era condiviso dai più eminenti Massoni dell’epoca. Si trattava di un’epoca in cui il Paganesimo era ancora punibile con la morte (come abbiamo visto nel caso di Giordano Bruno). Il Deismo, a sua volta, fungeva spesso da velo per idee assai più occulte o, quanto meno, per il ragionamento empirico e la scienza, il che, in quei tempi, bastava a sfidare e irritare la chiesa. È necessario comprendere appieno che fu soltanto l’abbraccio dei Classici a riportare in Europa un’ondata di scienza.

È comune che, a posteriori, Diderot venga dipinto come un ateo; ma Pensieri Filosofici rende evidente che egli non lo fosse, e lo dichiarò esplicitamente, spingendosi persino a criticarlo (pur collocandolo, si noti, su un piedistallo al di sopra del cristianesimo, il che è del tutto ragionevole).

Si tratta di un’opera di grande acutezza, della quale verranno proposti diversi estratti, per chiarire la prospettiva di Diderot e la sua critica alla superstizione cristiana, in particolare verso quegli elementi che incoraggiavano l’automortificazione o illudevano le folle contadine con falsi miracoli.

"Sono consapevole che le cupe idee della superstizione siano più comunemente approvate che accolte, e che vi siano pii devoti i quali non ritengono necessario odiarsi per amare Dio, né vivere come miserabili disperati per essere religiosi: la loro devozione è sorridente, la loro saggezza assai umana. Ma da dove nasce questa differenza di sentimento tra persone che si prostrano davanti ai medesimi altari? Può dunque la pietà essere soggetta alla legge del temperamento? Ahimè! Deve essere così. La sua influenza è fin troppo evidente nello stesso devoto: egli vede, secondo le sue variazioni, ora un Dio geloso, ora un Dio misericordioso, e l’inferno o il paradiso che si aprono davanti a lui; trema di paura o arde d’amore: è una febbre con i suoi brividi e le sue vampate".

"Un sobborgo risuona di clamori: le ceneri di uno degli eletti vi compiono più prodigi di quanti Gesù Cristo ne abbia compiuti in tutta la sua vita. La gente accorre, o vi viene portata, ed io seguo la folla. Non appena giungo, odo gridare: «Miracolo!». Mi avvicino, osservo, e vedo un piccolo storpio che cammina con l’aiuto di tre o quattro spettatori caritatevoli; e la folla, attonita, grida: «Miracolo! Miracolo!». Dov’è dunque il miracolo, stolti? Non vedete che il furfante non ha fatto altro che sostituire un paio di stampelle con un altro?.. Un Dio colmo di benevolenza troverebbe piacere nel bagnarsi di lacrime? Tali terrori non sarebbero piuttosto un’ombra sulla sua clemenza? Se dei criminali dovessero placare la furia di un tiranno, che altro si potrebbe pretendere da loro se non questo?"

Gli uomini cominciano a parlarci di Dio troppo presto, e un altro errore è quello di non insistere abbastanza sulla sua presenza. Gli uomini hanno bandito Dio dalla loro compagnia e lo hanno nascosto in un santuario; le mura di un tempio lo rinchiudono, egli non ha esistenza al di fuori di esse. Sciocchi che siete, abbattete queste limitazioni che ostacolano le vostre idee; liberate Dio; vedetelo ovunque, com’è ovunque, oppure dite che non esiste. Se avessi un figlio da educare, farei del suo Dio un compagno così reale che forse gli sarebbe meno difficile diventare ateo che sfuggire alla sua presenza. Invece di metterlo di fronte a un compagno (che magari sa essere peggiore di lui), gli direi apertamente: «Dio ti ascolta e tu menti». I giovani sono influenzati dai loro sensi. Moltiplicherei attorno a lui simboli che indichino la presenza divina. Se ci fosse un raduno a casa mia, lascerei un posto a Dio, e lo abituerò a dire: «Eravamo in quattro – Dio, il mio amico, il mio maestro e me stesso».

Non sorprende che il Parlamento di Parigi abbia proibito il libro l’anno della sua pubblicazione, ordinandone poi la combustione pubblica. Tuttavia, data la natura ribelle che la Francia ha da sempre manifestato, ciò aumentò soltanto la popolarità del libro. In quel periodo, Diderot mantenne una saggia riservatezza, scegliendo di non rivelarsi comunemente come autore dell’opera. Perfino gli stessi conoscenti di Diderot, ignari dell’abilità letteraria del loro compagno, giunsero a credere che si trattasse di un grande lavoro di Voltaire o di qualche altra figura affermata e di rilievo.

La seconda grande opera di Diderot, La passeggiata di uno scettico, fu infine pubblicata postuma. La polizia locale era stata informata di un altro apparente imminente attacco al cristianesimo; Diderot fu quindi posto sotto sorveglianza e l’opera venne considerata di contrabbando. L’opera sembrò essere andata del tutto perduta, fino a comparire qualche tempo dopo la sua morte.

Ancora una volta, Diderot attacca frontalmente la chiesa, ma prende di mira anche gli ebrei e il loro giudaismo. Considera definitiva la storia di Mosè, in cui egli dice agli ebrei "non concedete quartiere ai vostri nemici e diventate grandi usurai", mentre la loro fuga fittizia dall’Egitto viene rappresentata come sediziosa e predatoria. Nel dialogo presentato in questo romanzo, viene ostentata la superiorità della filosofia greco-romana su quella abramitica e Diderot, in modo piuttosto comico, colloca il mito fondativo di Mosè nel 45.317° anno della storia cinese, considerandolo così un insignificante puntino sulla vasta mappa della storia, nonostante l’insistenza della società nel sostenere che il mondo avesse appena 6000 anni, proprio come affermavano gli ebrei.

Il romanzo più popolare di Diderot, tuttavia, sarebbe stato I gioielli indiscreti. Sebbene l’argomento di questo romanzo sembri particolarmente volgare (dato che i “gioielli” in questione si riferiscono alle parti intime delle donne), l’opera va interpretata come una satira comica sulla società dell’epoca. È noto che, nonostante gli apparenti rigidi standard morali imposti dalla chiesa di allora, l’aristocrazia (in particolare quella dell’Europa romanza) potesse essere assai lasciva. Per sua stessa confessione, Diderot non ne era estraneo.

Sotto la facciata della correttezza sociale dell’epoca, spesso si celava un sottobosco di dissolutezza. Talvolta, in forme addirittura scandalose. Parte della riflessione risiede nella domanda se ci sarebbe meno caos qualora certi aspetti dell’umanità non fossero nascosti in nome di virtù artificiali (come quelle della chiesa) ma piuttosto abbracciati per ciò che realmente sono. Questa non era una visione particolarmente rara tra i pensatori dell’Illuminismo, soprattutto considerando il ritorno nell’arte alla bellezza della forma umana, in linea con lo stile classico greco-romano.

Il libro, per parte sua, fu direttamente ispirato dalle relazioni romantiche di Diderot con una certa Madeleine de Puisieux, una voce molto precoce del movimento per l’uguaglianza delle donne. Vale naturalmente la pena notare come un romanzo sulla sessualità femminile non solo sia stato pubblicato, ma anche molto popolare nella Francia del XVIII secolo, mentre nel mondo musulmano l’argomento è ancora considerato un tabù ai giorni nostri.

Sebbene Diderot abbia scritto di scienza per la maggior parte della sua vita (con una delle sue opere più emblematiche ancora da venire), il suo primo grande tentativo in tal senso fu forse Mémoires sur différents sujets de mathématiques. Fin dall’inizio apparve chiaro che Diderot possedeva una mente per le scienze e veniva già largamente apprezzato per il suo pensiero. Molte delle idee che giunse a esporre, anche nelle opere precedenti, non erano solo straordinarie per l’epoca, ma contenevano verità effettive ignote ad altri pensatori del tempo.

«Senza l’idea del tutto, la filosofia non è più nulla – In un unico e medesimo uomo, tutto è in perpetua vicissitudine… È solo tramite la memoria che siamo lo stesso individuo agli occhi degli altri e di noi stessi. Alla mia età, potrebbe non esserci una sola molecola nel mio corpo che io abbia portato al mondo alla nascita. Tutto cambia, tutto passa… solo il Tutto rimane».

Non fu che nel XIX secolo che la teoria cellulare, così come oggi la conosciamo, cominciò a essere proposta su larga scala, e ancora più tardi nello stesso secolo venne avanzata l’ipotesi che le cellule derivino da altre cellule.

Diderot mantenne un’aura di ambiguità riguardo ai suoi scritti fino a quel momento. Sebbene molti fossero consapevoli che fosse lui l’autore, le sue opere venivano per la maggior parte ancora pubblicate anonimamente. Al tempo della Lettera sui ciechi ad uso di coloro che vedono, tuttavia, altri grandi pensatori avevano iniziato a conoscerlo apertamente. Tra questi vi fu, con grande coerenza, Voltaire in persona (poiché le opere di Diderot erano state in passato attribuite a lui), che scrisse direttamente a Diderot lodando il suo lavoro.

Qui, il rapporto tra il ragionamento e la percezione dei cinque sensi viene esplorato attraverso la figura di un filosofo cieco sul letto di morte, impegnato in una discussione con un ecclesiastico che tenta, senza riuscirci, di convincerlo della sua idea di Dio nelle ultime ore di vita.

Se da un lato la narrazione indaga come la mancanza di un senso non comporti necessariamente un’incapacità totale di comprendere e interagire con la realtà, dall’altro esplora i limiti dell’esperienza umana così com’è e offre una critica all’idea che la ragione debba conformarsi a uno standard oggettivo e universale in ogni contesto. Questa era, all’epoca, una visione sufficientemente laica della morale da far sembrare che la chiesa e i suoi scagnozzi alla corte reale ne avessero finalmente avuto abbastanza. Dopo due anni di sorveglianza da parte della polizia, Diderot fu arrestato e i suoi manoscritti confiscati. Il 23 luglio 1749, Diderot venne incarcerato e posto in isolamento nella fortezza di Vincennes, a Parigi.

Vi era, naturalmente, un contesto più ampio al suo arresto. Le opere di Diderot, che mettevano in discussione il dogma della chiesa, sarebbero potute bastare in epoche precedenti, ma il governo francese avvertiva già un crescente fermento nella popolazione (un fermento che, di lì a pochi decenni, sarebbe sfociato infine nella Rivoluzione francese). Il trattato di Aquisgrana, volto a porre fine alla guerra di successione austriaca, fu percepito dall’opinione pubblica come una vittoria vuota per i francesi, e Luigi XV in particolare venne visto come un sovrano timoroso che aveva accettato un accordo mediocre dopo ingenti costi sostenuti dalla Francia.

A Diderot fu concesso di tenere con sé un solo libro durante la sua permanenza, e fu quello che aveva con sé al momento dell’arresto, nientemeno che, e assai appropriatamente, il Paradiso perduto di Milton. Lo stesso Voltaire aveva letto l’opera e non esitò a celebrare Satana come il vero eroe della storia. Considerato che Voltaire era in affettuoso contatto con Diderot al momento dell’arresto, appare evidente che la raccomandazione potesse provenire proprio da lui.

La prigionia non fu sufficiente a impedire a Diderot di essere sé stesso. Preparava inchiostro raschiando l’ardesia dalle mura della fortezza e mescolandola con vino, usando uno stuzzicadenti come penna, mentre trascorreva le giornate annotando l’opera in modo esaustivo.

Il mese successivo, Voltaire, in apparente riguardo per il suo nuovo amico, mosse alcune influenze affinché Diderot fosse alloggiato più comodamente durante la sua permanenza, con accesso alle sale maggiori della fortezza e la possibilità di ricevere libri dai suoi conoscenti. Si racconta che il suo caro amico Jean-Jacques Rousseau, anch’egli pensatore dell’Illuminismo francese (al quale, insieme a Diderot, si attribuisce di aver contribuito al sentimento generale che condusse alla Rivoluzione francese), lo visitasse quasi ogni giorno.

Diderot fu infine rilasciato nel novembre di quell’anno. Nonostante avesse suggerito al governatore di Vincennes di essere poco incline a creare altre opere che avrebbero potuto turbare l’establishment, la sua opera più controversa e più determinante per la sua vita doveva ancora arrivare.


ENCICLOPEDIA

Diversi anni prima del suo arresto, a Diderot era stata proposta una nuova prospettiva: una versione francese della Cyclopedia dell’inglese Ephraim Chambers.

Alcuni anni prima del suo arresto, Diderot fu contattato dall'inglese Ephraim Chambers per una nuova prospettiva, una versione francese della Cyclopedia. Inizialmente il progetto nacque come una traduzione, il grosso del lavoro fu svolto dagli accademici John Mills e Gottfried Sellius, che non erano nativi francesi, mentre Diderot svolgeva più o meno il ruolo di redattore dell'opera.

Nel 1745, un’anteprima dell’opera fu presentata pubblicamente per attirare finanziamenti e fu accolta con favore. Tuttavia, l’editore e John Mills entrarono ben presto in disaccordo insanabile e, dopo un breve periodo di aggiustamenti e tentativi, Diderot e il matematico francese Jean le Rond d’Alembert furono nominati redattori principali del progetto. Sotto la direzione di Diderot, in particolare, il progetto si sarebbe trasformato da una semplice traduzione in qualcosa di molto più ampio.

Come lui stesso disse:

«Lo scopo di un’enciclopedia è raccogliere tutte le conoscenze sparse sulla superficie della terra, mostrare il sistema generale alle persone con cui viviamo e trasmetterlo a quelle che verranno dopo di noi, affinché le opere dei secoli passati non siano inutili a quelli che seguiranno, affinché i nostri discendenti, diventando più istruiti, possano diventare più virtuosi e felici, e affinché non moriamo senza aver meritato di essere parte del genere umano».

Fino a quel momento, non si era mai tentata seriamente la realizzazione di un’enciclopedia completa che andasse oltre le scienze e cercasse di coprire tutti i rami del sapere umano, poiché il carico di lavoro e le competenze richieste rendevano l’idea apparentemente irrealizzabile. Tuttavia, nel 1750 fu presentata una nuova anteprima pubblica del progetto enciclopedico di Diderot e il primo volume arrivò nel 1751.

Durante la sua prima fase di pubblicazione, i collaboratori dell’Enciclopedia erano una vera e propria squadra di fuori classe composta dalle menti più brillanti della Francia. Considerato l’obiettivo del progetto di accumulare quanta più conoscenza umana possibile, non sarebbe bastato niente di meno. In totale, parteciparono più di 150 persone. Per stessa ammissione di Diderot, alcuni articoli erano più magistrali di altri, a riflesso della grande varietà di nomi disposti a contribuire a un’impresa simile. Non sorprende che tra i collaboratori figurassero lo stesso Voltaire, così come Montesquieu, il cavaliere Louis de Jaucourt e il barone d’Holbach, solo per citare alcune delle personalità più rilevanti. In particolare, Louis de Jaucourt scrisse da solo ben 17.288 articoli, mentre il totale complessivo raggiunse i 71.818. Per citare i principali argomenti trattati, l’Enciclopedia di Diderot copriva filosofia, scienze e matematica, arti e mestieri, storia e geografia, tecnologia e ingegneria, e scienze sociali, solo per menzionare i più importanti.

Come si può immaginare, la creazione di un’opera di tale portata fu lunga quanto ardua, e comportò un grande costo personale per Diderot e per altri. Nel 1758 la chiesa cattolica ordinò il divieto dell’opera, sostenendo che rappresentasse una sfida all’autorità e al dogma ecclesiastico. Un anno dopo, il governo francese, sotto la pressione non solo della chiesa ma anche di alcune idee contenute nell’Enciclopedia (che suggerivano un passaggio dell’autorità dalla “divinità” della chiesa cattolica al popolo – tema che sarebbe stato più che mai attuale nei decenni successivi), annunciò a sua volta il divieto.

Diderot fu nuovamente imprigionato e la sua casa perquisita. Fortunatamente, in casa sua non venne trovato alcun manoscritto, e Diderot poté continuare il progetto grazie a un divieto che, in realtà, veniva applicato solo in minima parte, anche per via di alcuni sostenitori di alto profilo dell’opera.

Jean le Rond d’Alembert, un tempo co-curatore insieme a Diderot e lui stesso grande contributore al progetto, smise di collaborare all’Enciclopedia, così come fecero molti altri, alcuni dei quali erano stati addirittura arrestati dalle autorità per il loro coinvolgimento.

Nel corso di 25 anni, Diderot portò avanti il progetto in maniera clandestina, affrontando costantemente la minaccia di perquisizioni da parte della polizia, senza contare l’abbandono di molte delle persone che erano sue amiche, fuggite dal progetto sia per il pericolo che correvano le loro vite, sia per evitare la cattiva reputazione che esso comportava.

La peggiore tragedia, tuttavia, doveva ancora arrivare. L’editore di Diderot, che fino a quel momento aveva sostenuto il progetto, procedette a una vasta censura dell’Enciclopedia, eliminando gran parte del lavoro che riteneva troppo rischioso da pubblicare. La versione finale dell’opera, quella che sarebbe stata ricevuta dagli abbonati di lungo corso al progetto, risultò pesantemente deturpata. Dopo aver sacrificato un quarto di secolo, aver lavorato tanto duramente da danneggiarsi la vista e aver perso tanti amici lungo il cammino, Diderot aveva il naturale timore che i suoi sacrifici potessero essere stati vani.

Tuttavia, l’Enciclopedia ebbe comunque un ruolo cruciale nel contribuire a formare la cultura iniziale della Rivoluzione francese e i crimini commessi contro l’opera stessa da parte della chiesa e del governo non sarebbero stati dimenticati tanto presto.

Come afferma l’Enciclopedia Britannica (che fu direttamente ispirata dall’opera di Diderot):

«Forse nessuna enciclopedia ha avuto un’importanza politica così grande, o ha occupato un posto così rilevante nella storia civile e letteraria del suo secolo».

Va naturalmente sottolineato che, senza il lavoro e il sacrificio di Diderot, gran parte di ciò che oggi diamo per scontato in termini di informazioni immediatamente accessibili probabilmente non si sarebbe mai realizzato. Si può ragionevolmente suggerire che, senza Diderot, non esisterebbero Wikipedia o progetti simili.

Come disse lo stesso Diderot all’interno di quella stessa opera: "Siamo ciò che siamo, ma siamo anche ciò che diventeremo".

Malgrado tutti gli sforzi dei poteri costituiti, l’Enciclopedia di Diderot avrebbe avuto un destino ben più grande nel plasmare ciò che stava per arrivare, forse persino oltre quanto egli stesso avrebbe potuto prevedere.


ULTIMI ANNI

Oltre a scrivere la già citata La monaca, gli anni di Diderot successivi all’Enciclopedia furono ricchi di contributi in molteplici forme di espressione. Sembrava che, liberato da oltre due decenni di lavoro gravoso, Diderot fosse di nuovo libero di sperimentare nell’arte e nella filosofia.

Senza dubbio, egli contribuì al Système de la Nature del barone d’Holbach, un’altra grande opera che alimentò il pensiero dell’epoca rivoluzionaria. Oltre a diversi nuovi romanzi, partecipò anche alla stesura di commenti artistici per La Correspondance, che divenne rapidamente la sua rubrica più popolare.

Per chi conosce i tropi e i dispositivi letterari, vale anche la pena notare che Diderot (avendo lui stesso scritto opere teatrali negli anni 1750) è il responsabile del concetto noto come “quarta parete”, ovvero la barriera ipotetica tra i personaggi di un’opera e il pubblico.

Nonostante tutto ciò, e probabilmente a causa dell’oppressione subita durante la stesura dell’Enciclopedia, Diderot si trovava in difficoltà finanziarie, al punto da aver intenzione di vendere la propria biblioteca. Tuttavia, sarebbe poi divenuto beneficiario di un mecenate straniero di grandissima importanza che seguiva le sue opere da tempo: Caterina la Grande, imperatrice di Russia.

Non sorprende che Caterina tenesse Diderot in grande considerazione, non solo per la sua apparente predilezione per l’estetica stessa della Francia, ma anche per la sua intenzione di portare l’Illuminismo in Russia. Venuta a conoscenza delle sue difficoltà economiche, non solo acquistò la sua biblioteca, ma lo mantenne anche come custode della stessa, un incarico che gli avrebbe fruttato 1.000 livres (cioè la valuta francese dell’epoca) oltre a 50 anni di stipendio. Finalmente, Diderot si preparava a vivere il resto della sua vita da uomo facoltoso.

Sebbene Diderot non amasse particolarmente viaggiare fuori dalla Francia, sentì di doverla assolutamente visitare per tutto ciò che aveva fatto per lui. Durante i cinque mesi che trascorse alla sua corte, i due parlarono a lungo quasi ogni giorno. Curiosamente, sembra che l’affezione di Diderot per le donne e la sua noncuranza per le convenzioni non fossero cambiate, e Caterina osservò scherzosamente come egli sottolineasse i suoi discorsi dandole colpetti sulle cosce, al punto che alla fine fu costretta a mettere un tavolo tra loro.

Il patrocinio di Caterina nei confronti di Diderot continuò fino alla fine, anche dopo il suo ritorno in Francia. Nel luglio del 1784, Diderot si ammalò e Caterina organizzò per lui un soggiorno in una lussuosa suite nella Rue de Richelieu a Parigi. Due settimane dopo, Diderot morì.

Gli eredi di Diderot inviarono la sua vasta biblioteca a Caterina, che successivamente la depositò presso la Biblioteca Nazionale di Russia.

Sebbene avesse contribuito enormemente alla cultura complessiva della prima fase della Rivoluzione, la fase successiva, con la sua corruzione e il reindirizzamento dell’ira lontano dalla chiesa, cercò di dimenticare Diderot, poiché il suo odio per il cristianesimo lo rendeva un ricordo particolarmente detestato da coloro che volevano il male della Francia. Rispetto a molti dei grandi pensatori dell’epoca, sembrò esserci un duro tentativo di relegarlo ai margini della memoria, un tentativo che, tuttavia, si sarebbe rivelato vano.

Gran parte dell’opera di Diderot trovò apprezzamento o esercitò influenza nelle epoche successive. Jules Michelet, autore della Storia di Francia e colui che per primo coniò il termine Rinascimento, considerava Diderot una figura simile a Prometeo. Ovvero, colui che portò all'uomo il fuoco dell’Illuminismo.

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BIBLIOGRAFIA

Questi sono alcuni dei testi menzionati in questo articolo, disponibili gratuitamente per la lettura online.

Philosophical Thoughts - http://tems.umn.edu/pdf/Diderot-Philosophical Thoughts.pdf

Indiscreet Jewels - https://www.gutenberg.org/files/54672/54672-h/54672-h.htm

The Nun - https://archive.org/details/the-nun-1797/the nun vol i/

Per chi cerca ulteriori informazioni:

Un’analisi ancora più approfondita della sua vita e delle sue opere principali, da un punto di vista laico - https://plato.stanford.edu/entries/diderot

Informazioni contestuali riguardanti Diderot, Voltaire e altri pensatori dell’Illuminismo - https://dn720004.ca.archive.org/0/i...Durant_Will_-_The_story_of_civilization_9.pdf - (Attenzione: questo file è estremamente grande e potrebbe richiedere tempo per essere caricato ed è probabilmente inadatto ai dispositivi mobili).


CREDITO:

Arcadia
 

Al Jilwah: Chapter IV

"It is my desire that all my followers unite in a bond of unity, lest those who are without prevail against them." - Shaitan

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