Satanic Path
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Suzanne era felice.
Più morta che viva, ma felice.
Presto gli stolti sarebbero venuti a prenderla, presto sarebbe toccato a lei.
Sua madre, però, le aveva insegnato a non temere il nemico.
E così stava lottando con la poca forza che le rimaneva in quel piccolo corpo esile e stremato, contro la paura che tentava di toglierle il respiro.
Sua madre sarebbe stata fiera di lei.
Ma questo lei non poteva saperlo.
Perché loro, i figli di un dio minore, le avevano tagliato la gola davanti ai suoi occhi.
Si. L'avevano sbattuta sul letto e dopo averla violata le avevano aperto la gola come fosse un animale.
Suzanne sarebbe morta, ma quella sofferenza, quell' indicibile paura, quel tormento che gravavano sul suo petto come un malvagio gigante non potevano
scalfire il senso di profonda pace, e l'amore incondizionato che pulsava
libero e quasi infuocato nell' impalpabile essenza del suo spirito.
Suzanne sarebbe morta.
Ma la morte avrebbe avuto solo il suo corpo, la sua pelle piena di tagli e lividi.
E questo le dava pace.
Questo le infondeva speranza.
La sua anima, antica e saggia, sarebbe tornata nel Regno che Lui le aveva mostrato durante i suoi viaggi, quando la sua anima si librava eterea e leggera verso
l'invisibile.
Perché Lui la amava, e amava ogni suo figlio.
Neanche la spada affilata del più fervido stolto avrebbe potuto recidere quell'amore incondizionato che Suzanne nutriva per Colui che sarebbe rimasto, nei secoli e nei millenni, il suo primo e unico amore.
Ed ora era lì, confinata in quella baracca con le altre donne, in attesa del fuoco che avrebbe divorato la sua carne.
Suzanne aspettava.
E nel frattempo stringeva a se la gelida mano della sua compagna; si chiamava Anna, ed era incinta.
Le sussurrava parole dolci, le diceva che presto avrebbe rivisto il suo bambino, che il fuoco non avrebbe potuto separarli.
- Suzy, perché vogliono gettare nelle fiamme anche il mio bambino? Perché?-
Le chiedeva Anna tra le lacrime, il dolore e la pena la facevano sembrare vecchia e stanca.
Suzanne le prese il volto tra le mani, ignorando il dolore lancinante dell'ustione sulla sua mano che si era procurata quando, la sua mente disperata e accecata dalla furia e dalla paura, aveva dato fuoco al prete che stava pregando sul corpo senza vita di sua madre.
Guardò Anna dritto negli occhi, e con gli occhi lucidi le parlò.
- Perché loro non sanno. Loro non conoscono. E non conosceranno mai la bellezza del Padre.
Il tuo bambino... ascoltami Anna...la tua creatura è nelle mani benedette di Pazuzu, loro non possono fare nulla.
Nulla.-
Anna sembrò provare sollievo dalle sue parole, non sapeva però che Suzanne era entrata nella sua mente e aveva lenito i morsi della paura.
La donna incinta annuì, mentre qualche lacrima rigava le sue guance pallide e levigate.
- Nulla.- ripeté Suzanne, mentre con le braccia avvolgeva il corpo della sorella, e appoggiava la sua testa tra i seni sodi.
Rimasero abbracciate per qualche istante, immerse nelle proprie emozioni, nei propri ricordi, unite nell'amore e nella fiducia per il Dio che le aveva amate e che le avrebbe amate anche dopo la loro morte.
La porta della baracca si spalancò con violenza, e subito le donne presero a urlare e a piangere.
Anche ora, il loro abbraccio continuava.
- Zitte! O toccherà a tutte voi, puttane!-
Urlò la voce del soldato, ma i pianti e i gemiti non si fermarono.
- Perché non ho paura?-
Chiese Anna, il volto premuto contro il petto dell'amica.
- Perché il suo Amore è vivo dentro di te. E nulla ti farà paura se vivi in Lui.-
Dopo queste parole Suzanne sentì delle mani dure e ruvide prenderla per i fianchi e sollevarla in aria come una bambola di pezza.
Urlò, urlò con tutto il fiato che aveva nei polmoni.
- Non toccatela! Non toccatela schifosi bastardi!-
Uno dei soldati rise mentre afferrava con una forza bruta la donna incinta e la tirava in piedi.
- Il Demonio non dà ordini ai figli di Dio. Lo sai questo?-
Suzanne guardò il soldato con il suo gelido sguardo, poi la mano che scendeva sulle gambe a prendere il pugnale.
- Tu non sai di cosa sono capace. Se la tocchi...se le fai del male io potrei farlo a te.-
Suzanne cercò di divincolarsi dalla morsa del soldato che le bloccava le braccia, ma ogni tentativo fu vano.
- Io non ti temo, bestia.-
Fu un istante.
Un battito di ciglia.
E il pugnale affondò nel ventre fecondo di Anna.
Gli occhi della donna rimasero spalancati, la bocca piegata in uno smorfia di dolore.
E poi quel sorriso.
Si, Anna stava sorridendo.
Un istante dopo la vita abbandonò le sue carni.
- No!-
Suzanne urlava, urlava e piangeva mentre
il corpo dell' amica crollava sulla terra sporca.
E quell'odio, quella furia primordiale risvegliarono il Dio assopito nelle profondità della sua anima immortale.
Il Dio che era destinata a divenire, e che ora bramava sangue.
I suoi occhi, ora bui e neri come l'inchiostro, si fissarono sull'uomo che aveva tolto la vita alla sua sorella, e la sua mente fredda e distaccata fece il resto.
Le risate del soldato presto si trasformano in urla, il pugnale che teneva nelle mani callose cadde a terra quando le ossa del suo corpo iniziarono a frantumarsi come cristalli.
Ora era Suzanne a ridere.
Rideva fino alle lacrime, mentre il corpo del soldato si contorceva sul pavimento e le sue urla innaturali.
Poi qualcosa si abbattè sulla sua nuca e anche lei cadde a terra, mentre ogni parte della sua mente lottava contro le nere acque dell'incoscienza.
Ma la battaglia fu persa.
Così Suzanne sprofondò nella torbida melma dell'incoscienza.
Eppure, nonostante il suo corpo dormisse, la sua mente era sveglia, ancora viglie.
Era buio.
Era buio dove era adesso.
Un limbo immoto e placido, come il bosco quando sua madre la portava con lei per studiare e meditare.
Si, questo limbo le rammentava la terra che circondava la sua casa.
La terra dove aveva scoperto il suo potere, dove lei e le sue sorelle, nude e pervase da una gioia indescrivibile, ballavano intorno al fuoco e urlavano il loro profondo amore per Il Signore.
Era lì, in quel bosco, che aveva conosciuto Paimon, il Principe, e ogni Lunedì, andava per i sentieri ad incontrarlo.
E mentre Suzanne precipitava dentro se stessa, il prete iniziò a pregare per la sua anima e gli uomini a gettare legna attorno al palo di quercia al quale era stata legata.
E ora quell' oscurità iniziò a prendere forma nella sua mente.
Presto gli alti pini che lei aveva amato presero ad innalzarsi dalla terra, il cielo ed il sole scacciarono il buio da quella visione che istante dopo istante, nasceva come fumo dall'oscurità.
Ecco che tra gli scuri tronchi, sua madre le sorrideva e allargava le braccia per dirle di seguirla.
- Mamma...- riuscì a dire Suzanne, la voce spezzata e ridotta ad un flebile sussurro.
Mentre altre donne venivano legate ai pali, pronte per essere giudicate, una lacrima si riversò dagli occhi serrati della strega.
- Vieni, mia Creatura. Paimon vuole vederti.-
Così Suzanne seguì sua madre, mentre essa fluttuava sul manto di terra umida e foglie secche, verso il cuore del bosco.
Era tutto così reale.
L'odore che accarezzava le sue narici era reale, il suono delle foglie sotto i suoi piedi era reale.
Non era una semplice visione, o un sogno.
Suzanne ne era sicura.
Paimon. Sua madre le aveva dato quel nome.
E mentre la sua mente ripeteva quel sacro nome, fiduciosa e ansiosa, nell'aria iniziò a risuonare la musica più bella che avesse mai sentito.
Violini, Bassi, e altri strumenti che lei non conosceva.
Sorrise, mentre era sempre più vicina alla radura, al cuore del bosco, e il sorriso penetrò l'utero di quel sogno, e si riversò nella realtà.
I soldati stavano preparando la torcia che avrebbe partorito il fuoco che in qualche istante avrebbe arso le sue carni.
- Mamma, sto morendo? Stiamo tutte morendo?-
Sua madre si arrestò.
Erano arrivate.
Davanti a loro il piccolo stagno in cui lei l'aveva lavata fino ai suoi sei anni.
Dopo, Suzanne si era sentita abbastanza grande da lavarsi da sola.
La donna si voltò verso la figlia, sorridendo, una lacrima le rigò la guancia, una lacrima di gioia.
Rose, così si chiamava, ora era con gli Dei, e sapeva qual'era il loro sacro piano per la creatura che aveva portato nel suo ventre per nove mesi.
- Non c'è tempo. Lui vuole mostrarti una cosa.-
Rose puntò un braccio verso lo stagno, mentre il suo corpo cominciò a svanire in una nube di fumo color carne trasportata da un venticello dolce e tiepido che scompigliò i capelli di Suzanne.
Prima di dissolversi del tutto, prima che anche il suo volto diventasse fumo, Rose sorrise alla sua adorata figlia.
- Non andartene, mamma, non farlo...non un'altra volta...-
Suzanne crollò in ginocchio, affranta.
Il suo corpo era svanito, ma la sua voce, gentile e flebile, parlò per un ultima volta.
- Ti amo, mia piccola Suzy. Io ora sono con Il Signore, e lui mi darà la pace. Ma tu non devi morire. Combatti.
Combatti, mia piccola Suzy.-
A quelle parole, il cuore della ragazza pianse ancora ed ancora, fino a non sopportare più tutto quel sangue, tutta quella pena che si era abbattuta su di lei come un pugno violento e crudele.
Ma non poteva non ascoltare le parole della madre.
Così prese a strisciare verso lo stagno, guadagnando con fatica un passo dopo l'altro.
Ignorò il dolore, la sofferenza che le impediva di respirare, di desiderare quella vita che aveva sempre amato.
Dopo qualche istante, arrivò ai pressi delle acque cristalline dello stagno.
Nella sua mente tornarono i ricordi di un passato per cui era grata ogni giorno, quando sua madre la lavava con il sapone che faceva sempre lei, in casa, con il grasso dei loro maiali e le erbe che entrambe raccoglievano nei boschi.
Guardò il riflesso di se stessa, immobile sul pelo dell'acqua.
La Suzanne dello stagno aveva gli occhi chiusi e sorrideva.
Lei guardò per qualche secondo il suo riflesso, poi parlò.
- Cosa devo fare? Mio Principe, come posso sopravvivere al fuoco degli stolti?-
Gli uomini di dio appiccarono il fuoco, e presto il corpo della strega venne avvolto dalle fiamme.
Ma il prete che l'aveva benedetta con le sue menzogne si accorse che qualcosa non stava andando per il verso giusto.
Nell'aria le urla delle donne echeggiavano distorte, colme di ira, del fuoco stesso che stava divorando le loro carni.
Ma Suzanne non era ancora tornata dall' invisibile, Suzanne era avvolta dalle fiamme ma non stava bruciando.
La sua pelle era ancora pallida, profondamente viva.
Il prete, spaventato, puntò la sua croce verso la donna, ma l'oggetto diventò rovente e l'uomo urlò di dolore, lasciando cadere il suo dio nel fango.
E poi le risate.
Le urla delle streghe erano diventate risate.
I soldati erano confusi, spaventati.
Stava accadendo qualcosa, qualcosa che i loro occhi non avevano mai visto.
Il loro dio era stato rovesciato dal suo trono di sangue.
Il riflesso nello stagno spalancò gli occhi, e parlò.
Suzanne ascoltò ogni parola.
- Mia creatura, tu mi ami, e ami Colui che ha dato il respiro alla tua anima?-
La voce era dentro la sua testa, sembrava provenire da ogni direzione.
Gli occhi del riflesso erano luminosi come tizzoni di brace ardente.
Suzanne parlò, ora di nuovo forte e piena di quell' amore incondizionato, quell'unione che era sempre esistita e sarebbe sempre esistita.
- Come posso io non amare Voi, Esseri di luce e buio, voi che avete donato a me vita e conoscenza?-
- Bene. E allora conosci già la risposta alle tue domande. Tu sei la nostra creatura, e puoi tutto, ogni cosa.
Combatti, mia amata figlia. C'è un Dio in te.
Porta il fuoco a coloro che ti hanno dato il fuoco, porta morte a coloro che ti hanno dato morte.
Sii libera. Sii forte.-
Gli occhi di Suzanne si spalancarono.
Erano pozzi di una luce ardente, come il fuoco che lambiva la sua pelle.
Un piccolo sorriso comparve sulle sue labbra.
- Così sia.- disse Suzanne.
Il prete urlava le sue parole senza senso contro di lei, i soldati continuavano a gettare legna nel fuoco, frenetici e animati da una paura primordiale.
Ogni rogo morì, le fiamme scomparvero così come erano venute, nel nulla.
Rimasero solo i corpi carbonizzati e anneriti dal fuoco, fumanti e irriconoscibili.
Le lunghe lingue di fuoco attorno al corpo della strega si spensero, come se fossero state risucchiate dalla sua stessa pelle.
Suzanne si liberò delle corde che la imprigionavano con estrema facilità, la sua forza non era umana.
Anche quando l'ultima corda venne spezzata, la donna rimase sospesa nell'aria, i suoi capelli fluttuavano come serpenti rossi attorno al suo volto.
Sotto gli occhi vitrei dei soldati, Suzanne spalancò le sue braccia.
- Il Vostro Dio brucerà, e voi, voi verrete gettati alle fiamme con lui. E noi balleremo, Oh sì, balleremo sui vostri corpi.
Ave Satanas!!! -
Non ci fu il tempo di scappare, di fuggire dall' ira della donna a cui avevano dato morte e fuoco.
Quando Suzanne spalancò le mani, ogni uomo, ogni soldato e ogni prete vennero arsi vivi dal fuoco che si sprigionò dalla pelle stessa della donna.
E Suzanne rideva e ballava senza mai toccare i piedi sulla terra sporca di cenere, ballava nell'aria e rideva fino ad avere le lacrime.
E mentre la strega si lasciava attraversare da quel turbinio di emozioni di gioia e furia, le urla dei soldati erano la musica sulla quale lei danzava.
E quando l'ultimo uomo cadde a terra, irriconoscibile e annerito, un lampo di intenso piacere esplose nella sua carne, facendola gemere e ridere di gioia.
Il fiume al fianco della collina sulla quale Suzanne e le altre donne erano state intrappolate, quella sera avrebbe pulito le loro carni sporche e provate.
E poi avrebbero ballato sino allo sfinimento,nude e riscaldate dal fuoco, per onorare e adorare il Signore che le aveva benedette.
Suzanne, prima di iniziare le danze, ordinò alle sue sorelle di prendersi cura dei corpi delle donne che erano state sottratte alla vita.
Così, le altre donne si presero cura dei corpi delle sorelle e le consegnarono alle gelide acque del fiume, dopo averle adornate di fiori ed erbe.
La strega decise di seppellire personalmente il corpo di Anna, e di renderle onore per il suo coraggio e la sua passione.
Poi, prima di riempire la buca, con mano tremante, accarezzò il ventre rigonfio della donna, pregando per lei e il suo bambino.
Anna sembrava addormentata, la terra era il suo letto.
Era sicura che quella creatura ora fosse tra le braccia di Pazuzu.
Poi pensò a suo padre, trafitto al petto con una spada, e alla sua amata madre.
Gli stolti avevano distrutto le loro carni, ma non le loro anime.
Ora, però, la vendetta aveva in qualche modo placato la sua sete, e il dolore si dissipava respiro dopo respiro, perché sapeva che la sua famiglia ora era nel Suo Regno.
Sapeva che un giorno, forse, lei avrebbe rivisto sua madre, nel Regno che sarebbe venuto.
Ma per adesso avrebbe dovuto lottare per il domani.
Del resto, Suzanne e le sue sorelle avevano l'eternità davanti.
E l'eternità era più che abbastanza.
Più morta che viva, ma felice.
Presto gli stolti sarebbero venuti a prenderla, presto sarebbe toccato a lei.
Sua madre, però, le aveva insegnato a non temere il nemico.
E così stava lottando con la poca forza che le rimaneva in quel piccolo corpo esile e stremato, contro la paura che tentava di toglierle il respiro.
Sua madre sarebbe stata fiera di lei.
Ma questo lei non poteva saperlo.
Perché loro, i figli di un dio minore, le avevano tagliato la gola davanti ai suoi occhi.
Si. L'avevano sbattuta sul letto e dopo averla violata le avevano aperto la gola come fosse un animale.
Suzanne sarebbe morta, ma quella sofferenza, quell' indicibile paura, quel tormento che gravavano sul suo petto come un malvagio gigante non potevano
scalfire il senso di profonda pace, e l'amore incondizionato che pulsava
libero e quasi infuocato nell' impalpabile essenza del suo spirito.
Suzanne sarebbe morta.
Ma la morte avrebbe avuto solo il suo corpo, la sua pelle piena di tagli e lividi.
E questo le dava pace.
Questo le infondeva speranza.
La sua anima, antica e saggia, sarebbe tornata nel Regno che Lui le aveva mostrato durante i suoi viaggi, quando la sua anima si librava eterea e leggera verso
l'invisibile.
Perché Lui la amava, e amava ogni suo figlio.
Neanche la spada affilata del più fervido stolto avrebbe potuto recidere quell'amore incondizionato che Suzanne nutriva per Colui che sarebbe rimasto, nei secoli e nei millenni, il suo primo e unico amore.
Ed ora era lì, confinata in quella baracca con le altre donne, in attesa del fuoco che avrebbe divorato la sua carne.
Suzanne aspettava.
E nel frattempo stringeva a se la gelida mano della sua compagna; si chiamava Anna, ed era incinta.
Le sussurrava parole dolci, le diceva che presto avrebbe rivisto il suo bambino, che il fuoco non avrebbe potuto separarli.
- Suzy, perché vogliono gettare nelle fiamme anche il mio bambino? Perché?-
Le chiedeva Anna tra le lacrime, il dolore e la pena la facevano sembrare vecchia e stanca.
Suzanne le prese il volto tra le mani, ignorando il dolore lancinante dell'ustione sulla sua mano che si era procurata quando, la sua mente disperata e accecata dalla furia e dalla paura, aveva dato fuoco al prete che stava pregando sul corpo senza vita di sua madre.
Guardò Anna dritto negli occhi, e con gli occhi lucidi le parlò.
- Perché loro non sanno. Loro non conoscono. E non conosceranno mai la bellezza del Padre.
Il tuo bambino... ascoltami Anna...la tua creatura è nelle mani benedette di Pazuzu, loro non possono fare nulla.
Nulla.-
Anna sembrò provare sollievo dalle sue parole, non sapeva però che Suzanne era entrata nella sua mente e aveva lenito i morsi della paura.
La donna incinta annuì, mentre qualche lacrima rigava le sue guance pallide e levigate.
- Nulla.- ripeté Suzanne, mentre con le braccia avvolgeva il corpo della sorella, e appoggiava la sua testa tra i seni sodi.
Rimasero abbracciate per qualche istante, immerse nelle proprie emozioni, nei propri ricordi, unite nell'amore e nella fiducia per il Dio che le aveva amate e che le avrebbe amate anche dopo la loro morte.
La porta della baracca si spalancò con violenza, e subito le donne presero a urlare e a piangere.
Anche ora, il loro abbraccio continuava.
- Zitte! O toccherà a tutte voi, puttane!-
Urlò la voce del soldato, ma i pianti e i gemiti non si fermarono.
- Perché non ho paura?-
Chiese Anna, il volto premuto contro il petto dell'amica.
- Perché il suo Amore è vivo dentro di te. E nulla ti farà paura se vivi in Lui.-
Dopo queste parole Suzanne sentì delle mani dure e ruvide prenderla per i fianchi e sollevarla in aria come una bambola di pezza.
Urlò, urlò con tutto il fiato che aveva nei polmoni.
- Non toccatela! Non toccatela schifosi bastardi!-
Uno dei soldati rise mentre afferrava con una forza bruta la donna incinta e la tirava in piedi.
- Il Demonio non dà ordini ai figli di Dio. Lo sai questo?-
Suzanne guardò il soldato con il suo gelido sguardo, poi la mano che scendeva sulle gambe a prendere il pugnale.
- Tu non sai di cosa sono capace. Se la tocchi...se le fai del male io potrei farlo a te.-
Suzanne cercò di divincolarsi dalla morsa del soldato che le bloccava le braccia, ma ogni tentativo fu vano.
- Io non ti temo, bestia.-
Fu un istante.
Un battito di ciglia.
E il pugnale affondò nel ventre fecondo di Anna.
Gli occhi della donna rimasero spalancati, la bocca piegata in uno smorfia di dolore.
E poi quel sorriso.
Si, Anna stava sorridendo.
Un istante dopo la vita abbandonò le sue carni.
- No!-
Suzanne urlava, urlava e piangeva mentre
il corpo dell' amica crollava sulla terra sporca.
E quell'odio, quella furia primordiale risvegliarono il Dio assopito nelle profondità della sua anima immortale.
Il Dio che era destinata a divenire, e che ora bramava sangue.
I suoi occhi, ora bui e neri come l'inchiostro, si fissarono sull'uomo che aveva tolto la vita alla sua sorella, e la sua mente fredda e distaccata fece il resto.
Le risate del soldato presto si trasformano in urla, il pugnale che teneva nelle mani callose cadde a terra quando le ossa del suo corpo iniziarono a frantumarsi come cristalli.
Ora era Suzanne a ridere.
Rideva fino alle lacrime, mentre il corpo del soldato si contorceva sul pavimento e le sue urla innaturali.
Poi qualcosa si abbattè sulla sua nuca e anche lei cadde a terra, mentre ogni parte della sua mente lottava contro le nere acque dell'incoscienza.
Ma la battaglia fu persa.
Così Suzanne sprofondò nella torbida melma dell'incoscienza.
Eppure, nonostante il suo corpo dormisse, la sua mente era sveglia, ancora viglie.
Era buio.
Era buio dove era adesso.
Un limbo immoto e placido, come il bosco quando sua madre la portava con lei per studiare e meditare.
Si, questo limbo le rammentava la terra che circondava la sua casa.
La terra dove aveva scoperto il suo potere, dove lei e le sue sorelle, nude e pervase da una gioia indescrivibile, ballavano intorno al fuoco e urlavano il loro profondo amore per Il Signore.
Era lì, in quel bosco, che aveva conosciuto Paimon, il Principe, e ogni Lunedì, andava per i sentieri ad incontrarlo.
E mentre Suzanne precipitava dentro se stessa, il prete iniziò a pregare per la sua anima e gli uomini a gettare legna attorno al palo di quercia al quale era stata legata.
E ora quell' oscurità iniziò a prendere forma nella sua mente.
Presto gli alti pini che lei aveva amato presero ad innalzarsi dalla terra, il cielo ed il sole scacciarono il buio da quella visione che istante dopo istante, nasceva come fumo dall'oscurità.
Ecco che tra gli scuri tronchi, sua madre le sorrideva e allargava le braccia per dirle di seguirla.
- Mamma...- riuscì a dire Suzanne, la voce spezzata e ridotta ad un flebile sussurro.
Mentre altre donne venivano legate ai pali, pronte per essere giudicate, una lacrima si riversò dagli occhi serrati della strega.
- Vieni, mia Creatura. Paimon vuole vederti.-
Così Suzanne seguì sua madre, mentre essa fluttuava sul manto di terra umida e foglie secche, verso il cuore del bosco.
Era tutto così reale.
L'odore che accarezzava le sue narici era reale, il suono delle foglie sotto i suoi piedi era reale.
Non era una semplice visione, o un sogno.
Suzanne ne era sicura.
Paimon. Sua madre le aveva dato quel nome.
E mentre la sua mente ripeteva quel sacro nome, fiduciosa e ansiosa, nell'aria iniziò a risuonare la musica più bella che avesse mai sentito.
Violini, Bassi, e altri strumenti che lei non conosceva.
Sorrise, mentre era sempre più vicina alla radura, al cuore del bosco, e il sorriso penetrò l'utero di quel sogno, e si riversò nella realtà.
I soldati stavano preparando la torcia che avrebbe partorito il fuoco che in qualche istante avrebbe arso le sue carni.
- Mamma, sto morendo? Stiamo tutte morendo?-
Sua madre si arrestò.
Erano arrivate.
Davanti a loro il piccolo stagno in cui lei l'aveva lavata fino ai suoi sei anni.
Dopo, Suzanne si era sentita abbastanza grande da lavarsi da sola.
La donna si voltò verso la figlia, sorridendo, una lacrima le rigò la guancia, una lacrima di gioia.
Rose, così si chiamava, ora era con gli Dei, e sapeva qual'era il loro sacro piano per la creatura che aveva portato nel suo ventre per nove mesi.
- Non c'è tempo. Lui vuole mostrarti una cosa.-
Rose puntò un braccio verso lo stagno, mentre il suo corpo cominciò a svanire in una nube di fumo color carne trasportata da un venticello dolce e tiepido che scompigliò i capelli di Suzanne.
Prima di dissolversi del tutto, prima che anche il suo volto diventasse fumo, Rose sorrise alla sua adorata figlia.
- Non andartene, mamma, non farlo...non un'altra volta...-
Suzanne crollò in ginocchio, affranta.
Il suo corpo era svanito, ma la sua voce, gentile e flebile, parlò per un ultima volta.
- Ti amo, mia piccola Suzy. Io ora sono con Il Signore, e lui mi darà la pace. Ma tu non devi morire. Combatti.
Combatti, mia piccola Suzy.-
A quelle parole, il cuore della ragazza pianse ancora ed ancora, fino a non sopportare più tutto quel sangue, tutta quella pena che si era abbattuta su di lei come un pugno violento e crudele.
Ma non poteva non ascoltare le parole della madre.
Così prese a strisciare verso lo stagno, guadagnando con fatica un passo dopo l'altro.
Ignorò il dolore, la sofferenza che le impediva di respirare, di desiderare quella vita che aveva sempre amato.
Dopo qualche istante, arrivò ai pressi delle acque cristalline dello stagno.
Nella sua mente tornarono i ricordi di un passato per cui era grata ogni giorno, quando sua madre la lavava con il sapone che faceva sempre lei, in casa, con il grasso dei loro maiali e le erbe che entrambe raccoglievano nei boschi.
Guardò il riflesso di se stessa, immobile sul pelo dell'acqua.
La Suzanne dello stagno aveva gli occhi chiusi e sorrideva.
Lei guardò per qualche secondo il suo riflesso, poi parlò.
- Cosa devo fare? Mio Principe, come posso sopravvivere al fuoco degli stolti?-
Gli uomini di dio appiccarono il fuoco, e presto il corpo della strega venne avvolto dalle fiamme.
Ma il prete che l'aveva benedetta con le sue menzogne si accorse che qualcosa non stava andando per il verso giusto.
Nell'aria le urla delle donne echeggiavano distorte, colme di ira, del fuoco stesso che stava divorando le loro carni.
Ma Suzanne non era ancora tornata dall' invisibile, Suzanne era avvolta dalle fiamme ma non stava bruciando.
La sua pelle era ancora pallida, profondamente viva.
Il prete, spaventato, puntò la sua croce verso la donna, ma l'oggetto diventò rovente e l'uomo urlò di dolore, lasciando cadere il suo dio nel fango.
E poi le risate.
Le urla delle streghe erano diventate risate.
I soldati erano confusi, spaventati.
Stava accadendo qualcosa, qualcosa che i loro occhi non avevano mai visto.
Il loro dio era stato rovesciato dal suo trono di sangue.
Il riflesso nello stagno spalancò gli occhi, e parlò.
Suzanne ascoltò ogni parola.
- Mia creatura, tu mi ami, e ami Colui che ha dato il respiro alla tua anima?-
La voce era dentro la sua testa, sembrava provenire da ogni direzione.
Gli occhi del riflesso erano luminosi come tizzoni di brace ardente.
Suzanne parlò, ora di nuovo forte e piena di quell' amore incondizionato, quell'unione che era sempre esistita e sarebbe sempre esistita.
- Come posso io non amare Voi, Esseri di luce e buio, voi che avete donato a me vita e conoscenza?-
- Bene. E allora conosci già la risposta alle tue domande. Tu sei la nostra creatura, e puoi tutto, ogni cosa.
Combatti, mia amata figlia. C'è un Dio in te.
Porta il fuoco a coloro che ti hanno dato il fuoco, porta morte a coloro che ti hanno dato morte.
Sii libera. Sii forte.-
Gli occhi di Suzanne si spalancarono.
Erano pozzi di una luce ardente, come il fuoco che lambiva la sua pelle.
Un piccolo sorriso comparve sulle sue labbra.
- Così sia.- disse Suzanne.
Il prete urlava le sue parole senza senso contro di lei, i soldati continuavano a gettare legna nel fuoco, frenetici e animati da una paura primordiale.
Ogni rogo morì, le fiamme scomparvero così come erano venute, nel nulla.
Rimasero solo i corpi carbonizzati e anneriti dal fuoco, fumanti e irriconoscibili.
Le lunghe lingue di fuoco attorno al corpo della strega si spensero, come se fossero state risucchiate dalla sua stessa pelle.
Suzanne si liberò delle corde che la imprigionavano con estrema facilità, la sua forza non era umana.
Anche quando l'ultima corda venne spezzata, la donna rimase sospesa nell'aria, i suoi capelli fluttuavano come serpenti rossi attorno al suo volto.
Sotto gli occhi vitrei dei soldati, Suzanne spalancò le sue braccia.
- Il Vostro Dio brucerà, e voi, voi verrete gettati alle fiamme con lui. E noi balleremo, Oh sì, balleremo sui vostri corpi.
Ave Satanas!!! -
Non ci fu il tempo di scappare, di fuggire dall' ira della donna a cui avevano dato morte e fuoco.
Quando Suzanne spalancò le mani, ogni uomo, ogni soldato e ogni prete vennero arsi vivi dal fuoco che si sprigionò dalla pelle stessa della donna.
E Suzanne rideva e ballava senza mai toccare i piedi sulla terra sporca di cenere, ballava nell'aria e rideva fino ad avere le lacrime.
E mentre la strega si lasciava attraversare da quel turbinio di emozioni di gioia e furia, le urla dei soldati erano la musica sulla quale lei danzava.
E quando l'ultimo uomo cadde a terra, irriconoscibile e annerito, un lampo di intenso piacere esplose nella sua carne, facendola gemere e ridere di gioia.
Il fiume al fianco della collina sulla quale Suzanne e le altre donne erano state intrappolate, quella sera avrebbe pulito le loro carni sporche e provate.
E poi avrebbero ballato sino allo sfinimento,nude e riscaldate dal fuoco, per onorare e adorare il Signore che le aveva benedette.
Suzanne, prima di iniziare le danze, ordinò alle sue sorelle di prendersi cura dei corpi delle donne che erano state sottratte alla vita.
Così, le altre donne si presero cura dei corpi delle sorelle e le consegnarono alle gelide acque del fiume, dopo averle adornate di fiori ed erbe.
La strega decise di seppellire personalmente il corpo di Anna, e di renderle onore per il suo coraggio e la sua passione.
Poi, prima di riempire la buca, con mano tremante, accarezzò il ventre rigonfio della donna, pregando per lei e il suo bambino.
Anna sembrava addormentata, la terra era il suo letto.
Era sicura che quella creatura ora fosse tra le braccia di Pazuzu.
Poi pensò a suo padre, trafitto al petto con una spada, e alla sua amata madre.
Gli stolti avevano distrutto le loro carni, ma non le loro anime.
Ora, però, la vendetta aveva in qualche modo placato la sua sete, e il dolore si dissipava respiro dopo respiro, perché sapeva che la sua famiglia ora era nel Suo Regno.
Sapeva che un giorno, forse, lei avrebbe rivisto sua madre, nel Regno che sarebbe venuto.
Ma per adesso avrebbe dovuto lottare per il domani.
Del resto, Suzanne e le sue sorelle avevano l'eternità davanti.
E l'eternità era più che abbastanza.